Il moschettone si impiglia e viene trascinato, tecnico di 57 anni muore al lavoro sulla seggiovia Padon

La Cisl: "Possibile errore di comunicazione tra soggetti che operano nello stesso cantiere"

Massimo Crepaz morto al lavoro sulla seggiovia Padon
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ARABBA - Nella tarda mattinata di oggi, 4 settembre 2023, la Centrale Suem dell'Ulss Dolomiti è stata allertata per un grave incidente sul lavoro negli impianti a fune in prossimità del rifugio Padon. E' morto un uomo, Massimo Crepaz di 57 anni, padre di famiglia di Livinallongo del Col di Lana, che stava facendo un lavoro di manutenzione al 13° palo della seggiovia. La Centrale ha inviato sul posto l'elisoccorso e ha immediatamente attivato i tecnici dello Spisal dell'Ulss Dolomiti. Purtroppo si è trattato di un infortunio mortale di un dipendente della società che gestisce l'impianto di risalita (Funivie Arabba). E' intervenuto anche il Soccorso Alpino per il trasporto della salma al suolo. Sono in corso le indagini di dettaglio per ricostruire la dinamica degli eventi. Sul posto lo Spisal e i carabinieri di Cortina. 

La dinamica della tragedia

 Secondo quanto si è appreso l'uomo, residente nel Bellunese, avrebbe raggiunto il punto di aggancio dei cavi dell'impianto all'altezza del pilone 13 a bordo di un particolare carrello normalmente fatto scorrere sulla stessa fune che regge i veicoli mobili, in questo caso dei seggiolini. Per cause da accertare e al vaglio degli operatori dello Spisal e della magistratura, il moschettone con cui, attraverso un cordino, era assicurata l'imbragatura necessaria a compiere i lavori in quota, sarebbe rimasto impigliato nel punto in cui la barra verticale che regge le sedute si unisce alla fune. Il movimento della linea avrebbe perciò trascinato l'uomo fino al sistema di elementi rotanti in testa al pilone provocando una compressione che ne avrebbe determinato il decesso istantaneo. Ulteriori dettagli saranno più evidenti domani al termine dell'esame sul corpo previsto all'ospedale di Belluno. Per recuperare la salma gli addetti del soccorso alpino hanno operato ad un'altezza di una quindicina di metri. Il carrello è stato posto sotto sequestro.

Chi era

Massimo Crepaz era molto conosciuto sia a Pieve, la frazione principale di Livinallongo, sia nei territori vicini. Era molto attivo nei gruppi di volontariato. «Queste tragedie non devono accadere - sussurra il sindaco Leandro Grones -. Massimo era sempre in prima fila quando c'era da dare una mano, da aiutare qualcuno, da organizzare qualcosa per il paese, davvero non ho parole, esprimo tutta la vicinanza mia personale e quella dell'intera comunità, alla famiglia». Grande dolore anche tra il gruppo alpini "Col di Lana" al quale era iscritto: «Sarà difficile colmare la sua assenza - rileva Valerio Naghler, il capogruppo -, ci eravamo visti una decina di giorni fa, era sempre tra i più attivi in tutte le manifestazione che organizzavamo, un dolore grande siamo vicino alla famiglia». La data del funerale non è ancora stata fissata, si attende il nulla osta della Procura che verrà dato dopo gli accertamenti medici. Per quel giorno il Comune ha proclamato il lutto cittadino.

La Cisl: possibile errore di comunicazione

«Se sarà appurato che alla base della morte vi è stato un errore di comunicazione - ha detto il segretario generale della Cisl di Belluno Treviso, Massimiliano Paglini - ci domandiamo quale sia il valore della vita umana di un padre di famiglia di 57 anni che non farà più rientro a casa. Nell'era della comunicazione globale - conclude - non è accettabile che si possa morire per carenza di comunicazione tra soggetti che operano nello stesso cantiere». 

«Investire di più su controlli e formazione»

«In Veneto, nei primi sette mesi di quest'anno, abbiamo registrato oltre 50 morti bianche. Gli infortuni sul lavoro continuano a mietere vittime: stamattina è morto un uomo di 57 anni mentre stava facendo manutenzione agli impianti a fune presso il rifugio Padon, Arabba, nel bellunese» Lo rileva Sonia Bridda, coordinatrice di Uil Belluno, la quale ricorda che «mentre sono in corso le indagini per scoprire le cause del tragico incidente, come Uil del Territorio di Belluno riteniamo doveroso intervenire ribadendo l'importanza della salute e della sicurezza dei nostri lavoratori e delle nostre lavoratrici. Lo stiamo dicendo e ripetendo più volte come un mantra: non si può morire per lavoro». Per la Uil Veneto è necessario «alzare l'asticella per prevenire e rallentare considerevolmente questi incidenti: investire di più sui controlli e sulla formazione. I controlli devono essere costanti, devono premiare chi rispetta i protocolli di sicurezza e devono sanzionare pesantemente chi trasgredisce. La formazione dev'essere a 360 gradi, deve essere specifica e non generica. La parola d'ordine in Veneto e, in questo caso nel territorio di Belluno, deve essere la sicurezza. Ricordo, infine, che sulle nostre Dolomiti sono numerose le maestranze impiegate per i lavori, soprattutto nelle infrastrutture, in vista delle prossime Olimpiadi: non dobbiamo abbassare la guardia se vogliamo che questo evento venga ricordato come una grande festa».

 

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Il Gazzettino