Rigoli e l'inchiesta sui tamponi del Veneto, «le intercettazioni? Non potete averle: il computer è fuori uso»

Rigoli e l'inchiesta sui tamponi del Veneto
Il processo a Roberto Rigoli e Patrizia Simionato comincerà esattamente tra un anno: 22 febbraio 2024. Una lunga attesa su cui pende l'istruttoria chiesta dal ministero...

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Il processo a Roberto Rigoli e Patrizia Simionato comincerà esattamente tra un anno: 22 febbraio 2024. Una lunga attesa su cui pende l'istruttoria chiesta dal ministero della Giustizia alla Procura di Padova, per fare luce sulla divulgazione delle intercettazioni contenute nei faldoni dell'inchiesta sui tamponi rapidi, avvenuta ben prima che lunedì quelle carte venissero estromesse dal fascicolo del dibattimento. Ora spunta un curioso retroscena: alla vigilia dell'udienza davanti al gup Maria Luisa Materia, l'ascolto di quelle registrazioni è stato (tecnicamente) precluso alla difesa degli imputati, in quanto il server era guasto.

Rigoli, i tamponi e le intercettazioni

La legge prevede che il pubblico ministero, con l'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, possa disporre le captazioni telefoniche e ambientali che ritiene utili per l'esercizio dell'azione penale, che è un suo obbligo. In quella fase è il pm a decidere quali sono le conversazioni rilevanti rispetto all'oggetto dell'inchiesta, dopodiché nell'udienza preliminare le difese possono chiedere al gup lo stralcio di ciò che a loro volta ritengono invece non pertinente alle contestazioni. Cos'è successo nel procedimento sull'utilizzo dei test antigenici durante l'emergenza Covid, per cui il microbiologo Rigoli e la dg Simionato sono accusati in concorso tra loro di falsità ideologica in atti pubblici commessa dal pubblico ufficiale e di turbativa nel procedimento di scelta del contraente (e il trevigiano anche di depistaggio)? Il sostituto procuratore Benedetto Roberti aveva a disposizione 48 cd di intercettazioni, corrispondenti a 35 giorni di registrazioni, in parte acquisite su sua iniziativa e in parte "ereditate" dall'inchiesta condotta dalla collega Silvia Golin sulle mense ospedaliere. Nell'avviso di chiusura delle indagini e nella richiesta di rinvio a giudizio a carico di Rigoli e Simionato, il pm ha indicato una serie di conversazioni che evidentemente riteneva penalmente rilevanti per sostenere l'accusa nei confronti degli imputati, allegandole ai provvedimenti che sono stati notificati alle parti interessate. Nell'udienza dedicata alla formazione del fascicolo del dibattimento, però, la Procura ha domandato (come peraltro potrà fare anche nel corso del processo) di introdurre fra i mezzi di prova anche alcune captazioni che in precedenza non aveva citato. È il caso, ad esempio, delle telefonate variamente intercorse tra il governatore Luca Zaia, il direttore generale Roberto Toniolo, l'ex dg Luciano Flor, il professore Stefano Merigliano.


Le intercettazioni trasmesse da Report, il caso Crisanti


Le più famose sono quelle trasmesse lo scorso 2 gennaio da "Report", soprattutto per il passaggio in cui Zaia parlava così di Andrea Crisanti, allora docente universitario e ora senatore dem, nonché autore dell'esposto da cui è scaturita l'inchiesta: «Stiamo per portarlo allo schianto». Il pm Roberti ha spiegato di considerarle utili per capire qual era il clima politico all'epoca della vicenda, anche se quelle conversazioni erano di maggio del 2021, mentre l'acquisto dei tamponi risaliva ancora ad agosto del 2020. Comunque sia, nell'udienza di lunedì gli avvocati Giuseppe Pavan (per Rigoli) e Alessandro Moscatelli (per Simionato) ne hanno chiesto e ottenuto lo stralcio, in quanto irrilevanti rispetto ai capi d'imputazione. Non solo: la difesa ha anche fatto notare che la propria istanza di ascolto è stata accolta soltanto sulla carta, in quanto sabato scorso è stata comunicata la rottura del server in cui sono custoditi i file audio. Come prevede la normativa, l'archivio è situato in una stanza sotto il controllo del procuratore della Repubblica, con accesso riservato al personale autorizzato, tra cui i difensori che ne abbiano titolo e ne facciano richiesta. Come appunto i legali degli imputati, che però almeno per il momento dovranno accontentarsi di quanto hanno sentito in tivù.

 

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Il Gazzettino