PIEVE DI SOLIGO - Ci sono altre due persone indagate, oltre all’ex imam Omar Faruk, per i maltrattamenti e le violenze a cui sarebbero stati sottoposti i bambini della...
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I SOSPETTI DELLE MAESTRE
A svelare l’orrore che si consumava quotidianamente nella scuola coranica erano state le maestre elementari dei bambini bengalesi insospettite dai lividi presenti sul corpo dei bambini, che in molti casi lamentavano una condizione di evidente disagio psicologico. «Sono le botte del maestro di religione» aveva confidato qualcuno dei piccoli alle insegnanti per giustificare le ecchimosi sul corpo. «Non dovete credere ai nostri figli, esagerano. Il maestro di religione è una brava persona» è stata la versione data dalle famiglie delle vittime di Omar Faruk. Un atteggiamento che il gip di Treviso, nell’ordinanza in cui all’uomo venne imposta la misura cautelare del divieto di risiedere in provincia di Treviso (poi inasprita dal Riesame in arresti domiciliari), aveva definito “omertoso al limite della connivenza”. Che papà e mamme dei bambini bengalesi sapessero delle botte e delle bastonate lo ha confermato lo stesso Faruk nell’interrogatorio a cui si è sottoposto una settimana fa.
LA DIFESA
«Nel mio paese si fa così - è stata la giustificazione dell’uomo - anche io quando sono stato alla scuola coranica in Bangladesh ricevevo lo stesso trattamento. I genitori? Sapevano tutto». Davanti agli inquirenti l’Imam di Pieve si è poi scusato. «Ho capito di aver sbagliato - ha detto - e che quei metodi non sono giusti o giustificabili. Ma io non ho mai voluto fare del male ai bambini, quelle punizioni erano un modo per mantenere la loro attenzione e fare quello che i genitori mi avevano chiesto e cioè far imparare a memoria il Corano ai loro figli». Ma per gli studenti apprendere le sure e recitarle senza commettere errori sarebbe stata una impresa quasi impossibile considerato che l’arabo non lo conoscono. Per chi sbagliava Faruk, come dimostrano le immagini delle registrazioni ambientali, non mostrava però alcuna pietà e partivano le bastonate sulla schiena, gli schiaffi in testa persino davanti ai genitori, le tirate di capelli. Le bambine, quando venivano picchiate, dovevano tenere gli occhi bassi sul pavimento in segno di sottomissione. A un ragazzino, accusato di aver rubato il libro sacro a un compagno, il 36enne avrebbe fatto il gesto del taglio dell’orecchio. Ad un altro, sempre per punizione, avrebbe imposto di stare per sei ore a scuola con il solo conforto di un bicchiere d’acqua e due biscotti. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino