Imam espulso, la moglie ricorre al Tar: «Non mi ha mai picchiata, lo farò tornare»

L'imam accompagnato all'aeroporto
PADOVA - «Amo mio marito. Lo riporterò qui e cresceremo insieme il nostro bambino». Non si dà pace Nadia Slimani, la moglie 35enne di Merrouane Grine...

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PADOVA - «Amo mio marito. Lo riporterò qui e cresceremo insieme il nostro bambino». Non si dà pace Nadia Slimani, la moglie 35enne di Merrouane Grine espulso e rimpatriato in Marocco venerdì con l’accusa di essersi radicalizzato e inneggiare all’Isis e all’odio verso l’Occidente. La moglie connazionale è decisa a dare battaglia e per questo ha dato incarico all’avvocato Marco Destro di presentare ricorso al Tar del Lazio. Era nell’ufficio del legale venerdì mentre, stringendo al petto il suo neonato di poco più di un mese, seguiva in lacrime la partenza del marito. Sono stati in contatto durante tutte le procedure e anche una volta rientrato Grine l’ha tenuta aggiornata.


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LO SFOGO
«Non mi ha mai picchiato, né tantomeno mi ha indottrinata o obbligata a seguire la legge coranica», ha spiegato la donna che abitualmente indossa il niqab (velo che copre integralmente il corpo femminile lasciando scoperto solo parte del viso) esclusivamente per scelta. Lei stessa avrebbe frequentato la moschea “al Hikma” di via Turazza dove il marito è un volto più che noto, ma mai ha colto in lui segni di apprezzamento per un Islam radicale o violento. L’indagine della Digos che ha portato all’espulsione di Grine parte da una serie di contenuti che l’uomo avrebbe postato e condiviso sui social network. Materiale inequivocabile, inneggiante ad Aldolf Hitler e all’antisemitismo, ma anche all’odio verso lo stile di vita occidentale e alle festività cristiane. Materiale però di cui la moglie non avrebbe mai saputo nulla: lei non utilizza computer e non naviga online, ma è certa che il suo Merrouane mai sarebbe stato capace di cose simili.
Quella dei Grine è una situazione tutt’altro che di emarginazione e degrado sociale, a quanto lei stessa ha raccontato al suo avvocato. Merrouane è in Italia da oltre dieci anni e ha sempre lavorato, da ultimo come meccanico. Nadia era arrivata per motivi sportivi, dato il suo passato di maratoneta che le è valso partecipazioni a competizioni internazionali e diversi riconoscimenti. Una passione che dal Marocco l’ha portata prima tra Lombardia e Piemonte e, abbandonata la carriera agonistica, nel 2016 le ha fatto decidere di raggiungere il padovano. Qui vive da anni il fratello, anch’egli con un lungo passato nello sport e ora residente a Torreglia. É da lui che Nadia si è rifugiata.
«Abbiamo trenta giorni per presentare ricorso», spiega l’avvocato Destro, incaricato da Slimani dopo che nell’udienza di convalida del fermo Grine era stato seguito dall’avvocato Silvia Giuriato. «Andremo in fondo. Nadia respinge fermamente ogni accusa, è inconsolabile ma ferma nella volontà di avere giustizia». La coppia si è conosciuta pochi anni fa a Padova, non hanno particolari difficoltà economiche poiché entrambi hanno sempre lavorato e pagato l’affitto.
LA STORIA

Nel 2018, poco dopo il matrimonio, Grine era finito nei guai con l’accusa di maltrattamenti in famiglia proprio nei confronti della donna. Lei però chiarisce: «Non c’è mai stata alcuna violenza. Avevamo litigato e qualcuno aveva chiamato i carabinieri che avevano verbalizzato l’accaduto. Io non ho mai sporto querela». Identico discorso vale per l’indottrinamento, che il 41enne avrebbe esercitato sulla compagna e un’altra donna italiana. «Quest’ultima è una ragazza che si è convertita all’Islam e ha cominciato a frequentare la moschea, ma non ha mai avuto con loro contatti che andassero oltre il saluto», aggiunge Destro. Il fantasma di una sacca di radicalizzazione viene nettamente rigettato anche dall’associazione marocchina di Padova: «Merrouane non ha mai aderito alla nostra associazione ma molti di noi lo conoscevano - spiega il portavoce Omar - Promuoviamo una visione dell’Islam moderata, che un episodio come questo rischia di mettere in cattiva luce. Lui non era imam nel senso del direttore spirituale e religioso, ma nel senso del devoto che conosce bene i rituali della preghiera. Il rito del venerdì infatti è tenuto dall’imam egiziano», spiega Omar.
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Il Gazzettino