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CHIOGGIA - Transennato, per ragioni di sicurezza, l’antico santuario di San Domenico dove è custodito un maestoso, affascinante Crocifisso ligneo recuperato in mare, ritenuto miracoloso, annoverato tra i principali oggetti d’interesse turistico. Secondo la leggenda, il capo del Cristo sarebbe stato scolpito da Nicodemo, discepolo di Gesù, custode del Santo Graal, santo per le chiese cattolica e ortodossa.
Da sinistra, lo si contempla nel momento del dolore e dell’agonia; da destra, nella serenità della morte, nell’attesa della resurrezione. L’allarme era scattato la settimana scorsa. Numerose tegole del tetto erano precipitate al suolo, durante una giornata ventosa. In un primo momento, si era creduto che i coppi fossero stati sollevate dalle raffiche. Successivamente ai controlli eseguiti dai vigili del fuoco è invece emerso che le tegole (non assicurate con la malta) effettivamente mosse dal vento, erano state quasi tutte precedentemente sollevate dalla loro sede dai gabbiani che, da qualche anno a questa parte, nidificano abitualmente sulla sommità della chiesa. A questo punto, nessuno parrebbe in grado di prevedere la data entro la quale il santuario potrà nuovamente accogliere i fedeli e i turisti.
BONIFICA
La riapertura dovrà, infatti, essere preceduta da una seppur sommaria bonifica del tetto, compromesso in diverse porzioni. La chiesa, divenuta inaccessibile proprio con la stagione turistica alle porte, ospita numerose opere d’arte fra cui: un celeberrimo San Paolo stigmatizzato firmato da Vittore Carpaccio; una pala attribuita a Tintoretto e un ciclo pittorico di Pietro Damini raffigurante San Domenico che consegna un rosario a una personificazione allegorica dello Stato Veneziano, San Giacinto di Polonia che salva alcuni naufragi, un episodio della guerra contro gli Albigesi e un miracolo di San Domenico. L’attuale chiesa secentesca sorge sulle fondamenta e ingloba parti di un precedente edificio sacro, risalente al 1291. Custodisce la tomba del discusso teologo fiorentino Jacopo Nacchianti, vescovo di Chioggia dal 1544 al 1569, passato alla storia per essere finito dinanzi al Tribunale dell’Inquisizione nel 1548. Aveva criticato l’insegnamento cattolico corrente e aperto a forme ecumeniche assimilabili a quelle protestanti. Rilevante, la sua opera finalizzata allo sradicamento delle superstizioni e al contrasto all’eccessivo culto delle reliquie. Se la cavò pressappoco come Galieo Galilei, pronunciando un “obediam”, ossia “obbedisco”.
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Il Gazzettino