Il referendum sulle trivellazioni, «Dall'Agcom bavaglio alle Regioni»

Il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti
Senza riandare al Craxi del "tutti al mare", suggerimento peraltro sonoramente disatteso dalla maggioranza degli italiani, i referendum sono stati più spesso...

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Senza riandare al Craxi del "tutti al mare", suggerimento peraltro sonoramente disatteso dalla maggioranza degli italiani, i referendum sono stati più spesso luogo di esercitazione per l’astensionismo, invece di momenti fondamentali della vita democratica.

E se l’invito ad andare in spiaggia piuttosto che votare per la preferenza unica resta nella storia, questo nuovo invito alle Regioni, da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcom, a non utilizzare mezzi e logo dell'istituzione per la campagna referendaria sulle trivelle, può essere benignamente catalogato come ulteriore esempio di italica creatività.
Il presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, così comprensivo, però, non è. Evoca un classico delle serie tv di fantascienza, per bollare la situazione: "Ai confini della realtà". Poi attacca. «Questi oscuri personaggi nominati dal politico di turno non possono mettere in dubbio la possibilità che i promotori del referendum "stop alle trivelle sì alla difesa dell'ambiente" si esprimano sulla consultazione che loro stessi hanno promosso. Si impedisce il diritto di svolgere il loro dovere di informare i cittadini».
Il presidente ha buon gioco a ricordare che siamo di fronte alla negazione di un diritto democratico, anche se, ricorda, «è costante questa volontà di tenere i cittadini all’oscuro di quel che è in gioco con questo referendum». Nessuno vuol far sapere, infatti, che "è stata regalata una durata illimitata per lo sfruttamento dei giacimenti, mentre in precedenza era di trent’anni". Trent’anni e poi si doveva andare a un confronto e contrattare un nuovo patto. Torna anche la polemica sul mancato election day. Il referendum (si voterà il 17 aprile) non verrà accorpato con le Amministrative: «Si rinuncia a un risparmio di oltre 300 milioni di euro e si prova a bloccare il raggiungimento del quorum».
Ciambetti ritiene che ora un ricorso al Tar è "il minimo".

Tra l’altro il 9 marzo, la Corte costituzionale si esprimerà sul conflitto di attribuzioni, sollevato dalle Regioni che hanno promosso l’iniziativa referendaria, su due quesiti relativi alla programmazione («e spariti») in merito alla quale le Regioni non avrebbero più voce il capitolo. La battaglia, comunque, è garantita: «L'imporre il bavaglio alle Regioni è la ciliegina sulla torta da servire al tavolo delle lobby che festeggiano, mentre la democrazia piange lacrime amare». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino