Il pranzo della domenica si fa all'Ikea: un euro a testa per battere la crisi

Traffico intenso intorno all'Ikea di Padova (archivio - Candid Camera)
PADOVA - Con un prezzo di 0,99 euro per un piatto di pasta, un succo di frutta e uno yogurt, l'Ikea di Padova fa concorrenza alle cucine popolari di via Tommaseo, dove un pasto...

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PADOVA - Con un prezzo di 0,99 euro per un piatto di pasta, un succo di frutta e uno yogurt, l'Ikea di Padova fa concorrenza alle cucine popolari di via Tommaseo, dove un pasto costa addirittura 2 euro e 50. E anche per ciò che riguarda la tipologia della clientela, sembra che la forbice si stia chiudendo sempre di più, fino a far combaciare, con le dovute eccezioni, i frequentatori delle due mense.




Dopo una domenica di passione, l’altro giorno, che ha visto protagoniste le file lungo la tangenziale e in prossimità del punto vendita, e altrettante code alla cassa del ristorante allestito all'interno del negozio (solo domenica ben 2200 pasti serviti, 4 mila nel week-end, per una massa di 34 mila visitatori), Adiconsum lancia un allarme che lascia l'amaro in bocca: «Le famiglie che hanno qualche rimasuglio dallo stipendio vanno all'Ikea per mangiare con pochi spiccioli - dice Roberto Nardo, segretario provinciale dell'associazione di consumatori -. Chi non ne ha, si reca alla mensa della Caritas o rovista nella spazzatura. E non si tratta più solo di immigrati. Purtroppo segnaliamo un aumento preoccupante di famiglie e pensionati costretti a rinunciare a tutto, a partire dal cibo. Tra i frequentatori delle mense popolari sono proprio gli anziani a crescere numericamente».



E il rapporto qualità-prezzo? «Dal sapore le pietanze del servizio ristorante dell'Ikea sembrano buone - dice Nardo - ma stiamo vigilando, per verificare che dietro al prezzo assolutamente irrisorio vi sia comunque una qualità adeguata dei prodotti».



L'anomalia delle famiglie che si recano all'Ikea per quello che, una volta, era il tradizionale pranzo domenicale in trattoria, si accompagna alla passeggiata di gruppo all'interno dei centri commerciali, un'usanza che sembra sostituirsi sempre più al giro in centro tra le mura dei palazzi più antichi. «La verità è che la gente affolla i centri commerciali senza fare acquisti - prosegue Nardo - le famiglie non hanno più soldi per bollette e generi di prima necessità, figuriamoci se ne hanno per fare shopping la domenica».



Una posizione condivisa dal presidente provinciale di Ascom, Fernando Zilio, ogni giorno più critico sulle aperture domenicali: «Con poco si mangia, senza considerare la qualità di quello che si ingerisce, affollando luoghi chiusi nell'unica giornata in cui si potrebbe stare all'aria aperta, e senza nemmeno avere i soldi per fare acquisti. È questo il progresso?».



Secondo Zilio il bilancio finale delle aperture domenicali liberalizzate sarà negativo su tutta la linea: «Le liberalizzazioni hanno solo imposto una moda momentanea che non farà altro che deprimere l'economia. Con il tempo questi grandi centri ci rimetteranno: la gente non ha soldi da spendere, con le belle giornate la smetterà di gremire i luoghi chiusi. Nel frattempo la grande distribuzione lascia a casa il personale qualificato, che costa troppo, per aprire la strada agli studenti con contratti vergognosi. Nel mentre il tessuto commerciale padovano, fatto di piccoli negozianti, verrà distrutto, senza alcun beneficio per nessuno». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino