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VENEZIA - Dopo 60 anni, l'idrovia Padova-Venezia continua a far parlare di sé, ma più per la burocrazia che per i lavori. Con una sentenza depositata ieri, il Tar del Veneto ha respinto il ricorso della Regione e ha accolto quello del Demanio contro l'ordinanza del Comune di Mira, che dal 2010 cerca di capire a chi poter addebitare la rimozione dell'amianto dal tetto di un ex capannone industriale situato lungo il tracciato della grande incompiuta. Una vicenda di rimpalli, appendice alla lunga e tortuosa storia dell'opera costata 47 miliardi di lire per la costruzione parziale e 6 milioni di euro per la manutenzione straordinaria, senza mai arrivare alla conclusione malgrado il primo finanziamento risalga al 1963.
L'immobile
Al centro di questo contenzioso c'è un immobile dismesso in località Gambarare, collocato accanto a un cavalcavia e intestato all'Agenzia del Demanio da quando nel 1974 venne espropriato, nell'ambito del progetto per il collegamento di 28 chilometri attraverso il fiume Brenta e il canale Novissimo, finito nel corso dei decenni in capo alla Regione Veneto.
L'ordinanza
Emessa nel 2021, l'ordinanza prescriveva «di effettuare, entro 60 giorni, i dovuti accertamenti sullo stato di conservazione della copertura in cemento-amianto e di porre in essere le conseguenti attività». In realtà ad andare avanti sono state solo le impugnazioni. Da una parte il Demanio ha sostenuto che «la proprietà delle opere riferibili al progetto idroviario è della Regione». Dall'altra il Veneto ha ribattuto di aver ereditato la titolarità dell'infrastruttura nel 1985, ma di non avere poteri su quell'edificio: «L'area di cui si discute, espropriata per la realizzazione di un sovrappasso che doveva consentire il collegamento tra due zone del territorio comunale separate dal canale navigabile, non può però costituire demanio della navigazione né sua pertinenza, essendo collocato a più di 100 metri dal canale navigabile». Tuttavia alla fine il Tribunale amministrativo regionale ha stabilito che dovrà essere Palazzo Balbi a provvedere: «I poteri di tutela e manutenzione dei beni del demanio idrico e l'assunzione a proprio carico dei relativi oneri di carattere economico spettano quindi all'Amministrazione regionale, che li gestisce e amministra con pienezza di poteri e che beneficia dei relativi introiti». Anche se, nel caso dell'idrovia Padova-Venezia ferma ai primi 10,7 chilometri, sono stati solo esborsi.
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