Ideal Standard “svuota” il marchio Ceramica Dolomite: paura a Trichiana per 470 posti di lavoro

Ideal svuota il marchio Ceramica Dolomite
BORGO VALBELLUNA Blocco della produzione dei “no logo” alla fine del mese di giugno e svuotamento del marchio Ceramica Dolomite a favore di quello di Ideal Standard....

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BORGO VALBELLUNA
Blocco della produzione dei “no logo” alla fine del mese di giugno e svuotamento del marchio Ceramica Dolomite a favore di quello di Ideal Standard. Sono le azioni che la multinazionale ha intrapreso in queste settimane e che stanno facendo precipitare la situazione allo stabilimento di Trichiana. Una situazione che sta ormai sfinendo i 470 lavoratori che dopo mesi di scioperi e iniziative ancora non sanno quale sarà il loro futuro. E soprattutto se ci sarà o meno un futuro. 


VERSO UNA SVENDITA 
«La posizione e il comportamento di Ideal Standard non sono più accettabili» affermano con forza le segreterie territoriali e le Rsu di stabilimento. «In queste settimane - affermano i sindacati - prosegue con rinnovata energia l’attività finalizzata a sostituire i volumi oggi prodotti a Trichiana con forniture sia interne (da altri siti del gruppo) che soprattutto esterne (terzisti esteri). Allo stesso modo, mentre si dichiara di non chiudere il marchio Ceramica Dolomite, le comunicazioni della stessa azienda riportano la decisione di trasferire al marchio Ideal Standard alcuni prodotti oggi a marchio Ceramica Dolomite e che ne rappresentano il grosso dei volumi. La conseguenza sarà un marchio “vuoto” in nessun modo utilizzabile per il rilancio del sito, ma bensì pronto per essere svenduto al miglior offerente, che sfrutterà il residuo valore del marchio per vendere in Italia pezzi fatti, magari, in Turchia». 
STOP ENTRO GIUGNO
Ricordiamo che il marchio Ceramica Dolomite è un marchio storico, nato nel 1965 con i fondi messi a disposizione dopo la catastrofe del Vajont del ‘63. A questo si aggiunge il fatto che l’azienda ha comunicato ai clienti che i prodotti “no logo” ossia quei pezzi che escono dalla fabbrica a minor costo in quanto senza marchio specifico, andranno fuori produzione a partire dal 30 giugno 2021 con una perdita di almeno 30mila pezzi per lo stabilimento di Trichiana. 
Tutto ciò comporterà quindi una diminuzione dei volumi prodotti nello stabilimento di Trichiana e la possibilità che quanto rimane possa essere prodotto nelle altre fabbriche della Ideal. Una notizia che rafforza quindi le voci iniziali che davano quale volontà dell’azienda quella di delocalizzare la produzione in paesi a basso costo del lavoro, come Cina, Turchia ed Egitto. 
UN SETTORE IN CRESCITA
«Tutta la presentazione fatta durante l’ultimo incontro è finalizzata a legittimare le scelte dell’azienda che scarica sul mercato e sull’inefficienza del sito, tutta da dimostrare, scelte ancora non dichiarate ma sotto gli occhi di tutti – proseguono i sindacati -. Nulla invece dice sulle enormi responsabilità del management e delle relative scelte commerciali, che hanno, negli anni, dilapidato una posizione di mercato predominante, con un servizio al cliente scarso per un’azienda di queste dimensioni e la rinuncia ad investire in quelle innovazioni che stanno invero facendo la fortuna di altre imprese del settore, un settore in crescita nei prossimi anni di valori percentuali prossimi alle due cifre e non in contrazione, come i manager di Ideal Standard sostengono in trattativa. Quello che non può essere tollerato dai lavoratori, dal sindacato e, ci permettiamo, nemmeno dal Governo è che l’azienda finga di confrontarsi nel mentre si adopera per fare altro». 
L’ULTIMA SPIAGGIA

Il prossimo confronto tra sindacati ed azienda in programma il 5 di maggio sarà quindi l’ultima spiaggia. «Se davvero si vogliono ripristinare relazioni sindacali corrette, Ideal Standard o meglio gli azionisti ed il presidente Torsten devono immediatamente sospendere tutte quelle attività che potrebbero portare alla chiusura dello stabilimento e presentarsi al prossimo incontro con degli impegni che diano garanzie di continuità produttiva ed occupazionale allo stabilimento di Trichiana».
Eleonora Scarton
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Il Gazzettino