Colpo al museo, ecco come agì la banda italo-moldava

Colpo al museo, ecco come agì la banda italo-moldava
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VERONA - «Con questa indagine è stata parzialmente riparata un'offesa fatta alla città di Verona, che però potrà essere completata solo quando saranno recuperati i dipinti trafugati» ha detto il procuratore Mario Giulio Schinaia per fare il punto sull' operazione che ha portato all'arresto di 12 persone per la rapina compiuta la sera del 19 novembre al museo di Castelvecchio. Quella sera tre banditi armati trafugarono 17 preziose opere d'arte. Sette arresti sono stati compiuti in Italia e tra i fermati c'è Francesco Silvestri, la guardia giurata che era in servizio al museo la sera della rapina, considerato il basista della banda. In manette anche il fratello gemello, Pasquale Silvestri, e sua moglie, Svetlana Pkachuck, ritenuta il 'trait d'union' con la banda moldava. Gli altri cinque, tutti cittadini moldavi, sono stati arrestati nel loro paese e, come ha spiegato il pubblico ministero Gennaro Ottaviano, «verosimilmente non sarà necessaria la richiesta di estradizione perché saranno processati dalla magistratura moldava con l'accusa di contrabbando di opere d'arte e anche di rapina compiuta in un paese estero». Per i sette indagati portati nel carcere veronese di Montorio domani è in programma l'udienza di convalida davanti al gip. L'indagine, durata quattro mesi, è stata un lavoro di sofisticata intelligence che ha visto operare gli uomini della Squadra mobile della Polizia e dello Sco e i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale. Gli investigatori hanno confermato di ritenere che le opere d'arte siano nascoste in Moldavia e le indagini continuano. «La speranza è che i quadri siano ancora tutti assieme» ha aggiunto Ottaviano. Alcuni dei cittadini moldavi arrestati hanno precedenti per rapina, ma non risulta che abbiano reati legati al traffico di opere d'arte. I due gemelli (l'operazione è stata chiamata proprio 'Gemini', che in latino significa gemelli), invece sono incensurati.


Quattromila ore di video analizzate, sette milioni di report di telefonate controllate: è l'enorme mole di lavoro compiuta dagli investigatori che hanno individuato la banda italo-moldava accusata della rapina al museo di Castelvecchio a Verona, lo scorso 19 novembre, con 17 dipinti antichi trafugati. «È difficile indagare sugli invisibili, che sono sul territorio con più identità», ha detto Antonio Coppola, comandante del Reparto operativo del Nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri che ha portato avanti l'indagine assieme agli agenti della Squadra mobile della Questura scaligera e del Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia di Stato.


«È stata un'indagine molto tecnica - ha spiegato il dirigente della mobile, Roberto Di Benedetto - nella quale sono stati impiegati i migliori investigatori. Non è stato facile perché non hanno lasciato nessuna traccia, sono stati bravi a nascondere». Riguardo alle 17 opere d'arte trafugate, tra le quali capolavori di Tintoretto, Rubens, Mantegna e Pisanello, sarebbero ancora nascoste: «riteniamo che siano in Moldavia, abbiamo più di un'idea su questa ipotesi», ha detto il gen. Mariano Mossa, comandante del Nucleo tutela patrimonio artistico dell'Arma. «Non è escluso che altre persone abbiamo avuto un ruolo» ha quindi rilevato l'alto ufficiale spiegando che i riscontri sui conti correnti bancari degli indagati non hanno fornito alcun elemento di prova su passaggi di denaro.
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Il Gazzettino