Ha tre mesi per curare il tumore e vivere, la lista d'attesa è di quattro: «Vergogna»

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VENEZIA - Quattro e tre mesi. Ovvero, 120 e 90 giorni. Questione di numeri? No, questione di vita o di morte per i malati oncologici del centro storico. Quattro, come i mesi di lista di attesa. Tre, come i mesi entro i quali A.V. deve iniziare la radioterapia prima di diventare un soggetto a rischio. Centoventi giorni contro una scadenza massima di 90. E la matematica non è, in questo caso, un'opinione.




I medici l'hanno avvertita che la lista d'attesa è piena fino a marzo del 2012, le hanno anche detto che i miracoli non riescono a farli con una sola macchina, che vorrebbero curare i malati come si deve, ma che senza le strumentazioni adeguate non si va da nessuna parte. Storie di ordinaria amministrazione all'Ospedale civile di Venezia. Operata due volte di tumore al seno, A.V., che ha più di 60 anni e due protesi alle ginocchia, qualche giorno fa si è vista allargare le braccia dai medici impotenti. Lei, una fra i tanti, che dopo il secondo intervento ha per l'appunto 90 giorni di tempo per iniziare la radioterapia prima che il tumore degeneri di nuovo.



Alternative non ce ne sono: andare all'ospedale all'Angelo tutti i giorni o decidere, sotto la propria responsabilità ovviamente, che ogni giorno in più di attesa sia un giorno in meno di vita. «I medici mi hanno detto che si vergognavano a darmi queste notizie e che la colpa non è loro, ma è da tempo che chiedono la sostituzione della macchina e invece non riescono ad ottenerla - spiega la signora - una macchina peraltro vitale per gli ammalati di tumore. Mi hanno fatto firmare un documento nel quale si dice che sono stata informata che la lista d'attesa per iniziare le terapie è di almeno quattro mesi, e io in quel foglio ho aggiunto che se devo morire per il tumore è un conto, ma che invece è una vergogna se devo morire perché non sono stata curata in uno Stato civile».



Non c'è via di scampo, quindi, per i veneziani, se non quella di rivolgersi all'ospedale di Mestre. «Ma io ho due protesi, ho ponti da fare e adesso che arriva il freddo e le strade sono ghiacciate mi chiedo come farò da sola - continua - e penso agli anziani che non si reggono in piedi e che devono attraversare ponti e prendere vaporetti e autobus, penso a quelli che hanno la minima di pensione e che devono spendere tutti i giorni per 4 o 5 settimane più di 5 euro al giorno di trasporto. Noi cittadini normali non abbiamo auto blu o motoscafi per agevolarci negli spostamenti».



E così A.V. presenterà la sua protesta anche al Tribunale del malato per far valere le ragioni di una città alla quale, dice, deve essere riconosciuta una specificità. «I medici chiedono solo la sostituzione di ciò che c'era, né più né meno - conclude la signora - anche perché hanno sempre più richieste e sempre meno possibilità di curare i veneziani. Il tempo, nel tumore, è un fattore vitale». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino