Sanzioni a Mosca? Al porto di Trieste è boom di petrolio russo, ecco cosa sta succedendo

Il porto di Trieste
TRIESTE - Lo si può chiamare il secondo paradosso della guerra in Ucraina, almeno limitatamente alle dinamiche economiche della nostra regione. E come il primo, riguarda il...

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TRIESTE - Lo si può chiamare il secondo paradosso della guerra in Ucraina, almeno limitatamente alle dinamiche economiche della nostra regione. E come il primo, riguarda il porto di Trieste, uno dei più grandi e importanti del Mediterraneo. Proprio quando l’Europa discuteva - e poi approvava - il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia di Putin, infatti, al terminal giuliano si verificava un fenomeno in netta controtendenza: l’aumento degli arrivi di petroliere contenenti greggio battente bandiera di Mosca. Tutto “oro nero” ancora legale, dal momento che l’effetto delle sanzioni si inizierà a sentire soprattutto nella seconda parte del 2022. Ed è parte di un complessivo “boom” del petrolio che riguarda proprio il porto di Trieste, dove attraccano anche petroliere provenienti dagli Stati Uniti d’America, per un vero e proprio scalo senza divisioni né bandiere. Già, ma fino a quando? E cosa succederà quando la sesta stretta dell’Ue contro Putin e l’invasione dell’Ucraina diventerà effettiva? Nella stanza dei bottoni del porto non si teme il contraccolpo. Anzi, Trieste diventerà ancora più centrale per l’importazione di greggio in Europa. 


LA DINAMICA


Della materia se n’è occupato anche il Financial Times. L’importazione di petrolio russo da parte dell’Italia tra aprile e maggio è addirittura quadruplicata rispetto a quanto accadeva a febbraio, quando la guerra in Ucraina era ancora una minaccia fatta di truppe ammassate ma senza proiettili in volo. Solo a maggio, ad esempio, il Paese ha accolto 450mila barili russi. E anche Trieste ha fatto registrare un picco in tal senso. E la spiegazione è in questo momento plausibile, se si seguono le regole dell’economia e meno quelle della geopolitica. Il greggio che arriva con le petroliere al molo di Trieste, infatti, viene “pompato” all’interno dell’oleodotto della Siot. Dal Golfo prende la strada della Germania, per arrivare a due raffinerie (la MiRo di Karlsruhe e la Bayernoil di Neustadt, tra Baden Wuttemberg e Baviera) controllate dal colosso russo Rosneft, gestito direttamente dal Cremlino. Cosa sta succedendo, quindi? Il meccanismo è abbastanza semplice. A causa delle prime sanzioni (quelle legate al sistema dei pagamenti bancari) è sempre più difficile per gli esportatori russi trovare sbocchi di mercato in Unione europea. È così che le spedizioni di petrolio si sono concentrate innanzitutto verso le raffinerie che possono vantare un controllo diretto da parte di Mosca. E non si tratta di realtà sotto embargo. Ecco perché a Trieste è boom del petrolio russo. 


IL COMMENTO


«Il petrolio che passa da Trieste - ha spiegato il presidente dell’Autorità portuale, Zeno D’Agostino - è nettamente cresciuta nell’ultimo periodo. Basti considerare il fatto che la Repubblica Ceca ha chiesto che l’oleodotto che parte da Trieste aumenti la propria capacità fino a fornire il 100 per cento del greggio che serve a Praga. La guerra in Ucraina ha generato questo scenario. Il vero timore non è rappresentato dalle sanzioni che entreranno in vigore sul petrolio che dalla Russia arriva in Italia via mare. Il porto di Trieste sarà perfettamente in grado di sostituire il prodotto con il greggio proveniente da altrove. Lo facciamo già e resteremo centrali. La preoccupazione riguarda le raffinerie in mano russa». Come quelle tedesche, ad esempio, che già oggi riempiono lo scalo giuliano di greggio per garantire energia a mezza Germania.  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino