Guardie mediche, un altro taglio per l'inverno: nessuno vuole venire a lavorare a Belluno

Sempre meno guardie mediche, sempre più difficili i soccorsi in montagna
BELLUNO - Niente da fare: non ci sono guardie mediche e nessuno è interessato a lavorare a Belluno. È quanto emerge dalla nota inviata ieri pomeriggio...

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BELLUNO - Niente da fare: non ci sono guardie mediche e nessuno è interessato a lavorare a Belluno. È quanto emerge dalla nota inviata ieri pomeriggio dall’Ulss Dolomiti che, in una situazione ormai cronica, alza le mani: «Nonostante gli appelli e gli incentivi proposti, permane la grave carenza di medici di continuità assistenziale il cui servizio, da questo mese, sarà rivolto anche ai turisti». La “toppa” per la stagione invernale, quando le domande aumenteranno in modo esponenziale, non è stata trovata. Di conseguenza l’azienda sanitaria si trova costretta a rimodulare il servizio per l’ennesima volta riuscendo a posizionare sul territorio (diviso in due distretti e quattro aree) fra sei e otto guardie mediche. Sono poche, anzi pochissime, ma non si può fare altrimenti. Sono passate soltanto due settimane da quando l’azienda sanitaria aveva lanciato l’allarme, ammettendo di essere in difficoltà per almeno tre motivi: mancanza di guardie mediche, tanto che alcune zone della provincia risultavano scoperte; richiamo dei medici di medicina generale che si erano resi disponibili per un aiuto nel breve-medio periodo e che ora servono nella lotta contro il covid (ad esempio nella campagna vaccinale); assenza di attrattiva per chi arriva da fuori provincia.

NUOVA STRETTA
Questi fattori pesano ancora sull’intero territorio - si sono addirittura acuiti - e hanno costretto l’Ulss Dolomiti «a rimodulare ulteriormente l’offerta del servizio di guardia medica – si legge sempre nella nota inviata ieri – adattandolo alle richieste espresse dall’utenza e sulla base dell’analisi dei dati di attività rilevati, considerato che la prevalenza dell’attività consiste in consulti telefonici». A partire da lunedì quindi, fino alla fine del mese, il servizio sarà organizzato in modo diverso. Partiamo dal distretto 1. Saranno operative tre sedi: Belluno-Val di Zoldo (che comprende i comuni di Belluno, Limana, Ponte nelle Alpi, Alpago, Longarone, Soverzene, Ospitale e Val di Zoldo); Pieve di Cadore (l’intero Cadore, Cortina d’Ampezzo e il Comelico); Caprile-Canale d’Agordo (l’intero Agordino). Per la sede di Belluno saranno a disposizione due medici per turno; per quella di Pieve ce ne sarà soltanto uno, mente Caprile ne avrà operativo uno dal lunedì al giovedì e di norma due dal venerdì sera al lunedì mattina.

CHIAMARE IL 118


«Chiamando il 118 – precisa l’azienda sanitaria – il cittadino sarà preso in carico dalla sede di continuità assistenziale attiva più vicina». Nel distretto 2, invece, sarà operativa la sede di Feltre (telefono: 0439-883287) per tutto il territorio distrettuale con 2-3 medici per turno. Significa che da qui alla fine dell’anno l’intera provincia, compresi i turisti che arriveranno tra le Dolomiti, potrà contare sull’aiuto di un numero esiguo di guardie mediche (da 6 a 8). «Si ricorda – conclude l’Ulss Dolomiti – che l’eventuale accesso ambulatoriale, in entrambi i distretti, dovrà sempre essere preventivamente concordato telefonicamente con il medico in servizio». L’Azienda «continuerà a ricercare soluzioni per garantire ai cittadini una copertura assistenziale più articolata anche attraverso la promozione di un pacchetto completo di alloggio, incentivo economico e corso di formazione a supporto della attività da svolgere». Proposte che erano già state messe sul tavolo ma che purtroppo non fanno gola a nessuno. E la carenza di organico, in ambito sanitario, non riguarda soltanto le guardie mediche. Investe anche i reparti ospedalieri e la causa non è legata soltanto ai tagli alla sanità avvenuti negli ultimi anni. Belluno si trascina dietro di sé un problema strutturale: non riesce ad essere attrattiva. In altre parole, a predisporre le condizioni tali per cui un professionista dovrebbe scegliere di venire a lavorare nelle Dolomiti e non altrove.
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Il Gazzettino