Gruppi e comitati cittadini uniti contro degrado e spaccio, appuntamento martedì: «Riprendiamoci al città»

MESTRE - Non ci sono partiti, ma solo gruppi e associazioni. «Sedici, per adesso, perché altre se ne stanno aggiungendo», dicono. E all'assemblea pubblica...

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MESTRE - Non ci sono partiti, ma solo gruppi e associazioni. «Sedici, per adesso, perché altre se ne stanno aggiungendo», dicono. E all'assemblea pubblica Riprendiamoci la città programmata per martedì prossimo, 13 dicembre, alle 18 nel patronato della chiesa di via Piave, non sono stati invitati né Comune né altre istituzioni o forze dell'ordine. «Se vengono, bene. Ma questo sarà un appuntamento nel quale vogliamo ascoltare i cittadini per proporre un percorso e una mobilitazione». La fiaccolata annunciata per gennaio? «Vedremo - rispondono -. L'importante è uscire dalla dinamica della singola via o della singola piazza che denuncia i suoi problemi: dobbiamo agire tutti assieme perché questa è la nostra città e dobbiamo muoverci tutti assieme».

L'APPUNTAMENTO
Ce la faranno? Intanto ci provano e, ieri mattina, si sono ritrovati nella sede del Gruppo di lavoro di via Piave per lanciare l'assemblea di martedì come primo test di questa sfida che parte dall'esigenza di contrastare un degrado e un problema criminalità che si è esteso da via Piave a via Cappuccina, e poi a via Aleardi, Corso del Popolo toccando Altobello, senza contare il versante di Marghera. E così, nel gruppo promotore, si trovano Altobello in cammino, AmbienteVenezia, Giovani per l'umanità, Gruppo corso del Popolo e vie Aleardi-Cappuccina, Gruppo di lavoro via Piave, Gruppo via Piave Arcobaleno, Marghera Libera&pensante, Marghera Oggi2.0, Mestre Occhi sulla città, Panchina calda, Piazzale Cialdini, Società della cura Venezia, Venice Bangla School, Viva Petrosto, Viva Piraghetto e ViviAmo Marghera. «Ma altri se ne stanno aggiungendo - precisa Nicola Ianuale del gruppo di via Piave -. Ci sono associazioni storiche che lavorano nel territorio, altre che fanno attività sociali... L'obiettivo è creare un punto di incontro tra persone che vivono in diversi quartieri della città, perché via Piave non è più l'unico luogo di malessere. Ci sono Marghera, Altobello, la Cipressina, Venezia stessa...».

IL DOCUMENTO
Per l'assemblea di martedì si stanno organizzando per evitare il rischio che non si trasformi nell'ennesimo sfogatoio. Partiranno così da un documento nel quale si citano come cause del degrado la scelta del Comune di aver puntato solo sul controllo («ma senza i presidi fissi», precisano) e non sull'assistenza e il recupero sociale con i servizi di strada, per chiedere infine il recupero degli immobili pubblici e privati: «Sollecitiamo Comune e Ater ad intervenire nel recupero edilizio». Giorgio Roccato, della parrocchia di via Piave, traccia un quadro desolante: «Aumenta la povertà con persone di tutte le nazionalità che vengono a chiedere cibo. Dietro la parrocchia è pieno di case Ater, ma tre quarti sono sbarrate perché, quando muore un inquilino, murano porte e finestre senza riassegnare le abitazioni. In cinque anni cui abbiamo contato due matrimoni e otto battesimi, ma i funerali sono almeno 50 all'anno. Quest'anno siamo addirittura a 62». Prince Howlader rappresenza una delle associazioni bengalesi che hanno aderito alla rete: «Ci dobbiamo essere anche noi, anche alla nostra gente interessa vivere in una città sicura e vivibile. E, se ci sono problemi di integrazione, far parte di un gruppo di associazioni aiuta ad affrontarli prima che esplodano».

PRESA DI DISTANZE


Se nei giorni scorsi era stata depositata la petizione con 1.631 firme raccolta in alcuni negozi del centro, i promotori dell'assemblea di martedì prendono le distanze: «Noi non c'entriamo, anche se hanno usato il nostro slogan Riprendiamoci la città. Lì si parla di corsi di autodifesa personale, di coprifuoco... Non è quello che intendiamo». «Non siamo contro nessuno, siamo contro qualcosa - sintetizza bene Sergio di Altobello in cammino -. Cerchiamo di aggregare l'opinione pubblica perché c'è bisogno che i cittadini tornino a partecipare allo sviluppo e alla socialità del luogo in cui vivono. Ora aleggia la paura, invece bisogna uscire e reagire».

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Il Gazzettino