Il green pass? Esisteva già nell'agosto del 1599: il documento ritrovato a Chioggia per muoversi negli anni della peste

Il green pass? Esisteva già nell'agosto del 1599: il documento ritrovato a Chioggia per muoversi negli anni della peste
Dall'Archivio storico di Chioggia è spuntato un documento del 1599 che può essere considerato un precursore dell'odierno lasciapassare europeo: si attestava...

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Dall'Archivio storico di Chioggia è spuntato un documento del 1599 che può essere considerato un precursore dell'odierno lasciapassare europeo: si attestava al possessore che poteva viaggiare dalla città libera da ogni mal contagioso.


Nell'archivio storico di Chioggia è conservato un lasciapassare datato 27 agosto 1599, parzialmente compilato dal provveditore alla sanità dell'epoca Giovanni Battista Vianello destinato ad una persona ritenuta non contagiata dalla pestilenza abbattutasi su Venezia e Chioggia nel 1575, ormai in fase di esaurimento.
Una sorta di green pass ante litteram, sotto forma di modulo prestampato. Sovrastata dalla scritta Christi eiusque matris pietate servata (conservata la pietà in Cristo ed in sua madre) spicca un'allegoria rappresentante la Madonna della Navicella affiancata dal leone di San Marco, dallo stemma di Chioggia e dai santi Felice e Fortunato, patroni della città. Di seguito, i campi per l'indicazione del nome e della destinazione del richiedente. Il lasciapassare in questione potrebbe essersi salvato non essendo mai stato ritirato all'ufficio della sanità, che aveva sede laddove ora si trova la Capitaneria. Benché riporti un nome scritto a penna (ormai difficilmente leggibile) mancano la firma e l'eventuale sigillo del rilasciante. Tra gli atti dell'archivio storico risultano pure conservate altre testimonianze nel merito dei provvedimenti adottati dal governo cittadino nei momenti peggiori dell'epidemia. Oltre all'ordinanza del Minor consiglio che obbligava il provveditore Vianello ed un suo vicario a recarsi tutti i giorni in ufficio, è conservato l'atto col quale il Podestà precettò lo speziale Bernardino Villanova, titolare di una bottega che aveva un per insegna una pigna. Probabilmente si trovava in Calle Schiavuta, nota appunto anche come Calle Pigna.


IL CONTROLLO SANITARIO

Suo compito, il controllo sanitario di chi entrava in città servendosi del passo di Brondolo. Lunghissimo l'elenco delle precauzioni. Ciò nonostante, come nei mesi del lockdown imposto dal Covid, anche negli anni della peste, si registrarono vari episodi incresciosi. Stando alle cronache, i lazzaretti sarebbero stati infatti frequentati da persone sane incuranti del contagio. Vi sarebbero entrate per rubare capi di vestiario ed utensili. Il governo locale fu pertanto costretto ad istituire la carica straordinaria di Sovrintendente ai luoghi di isolamento con l'obbligo di disciplinare perfino le visite del medico e del barbiere. Particolari attenzioni affinché i viveri non fossero rubati, ma effettivamente somministrati ai degenti. Gli intrusi come scusa rammentavano che, non molti anni prima papa Gregorio XIII aveva accordato generose indulgenze a chi, per carità cristiana, assisteva o si recava in visita ai malati. I provveditori alla sanità finirono per reagire prevedendo la pena di morte contro tutti i trasgressori delle leggi di sanità, non esclusi gli ecclesiastici.


FASE CAOTICA

La peste che imperversò negli ultimi anni del Cinquecento, costata la vita a decine di migliaia di persone, esplose in un momento particolarmente caotico e difficile per la Repubblica, a corto di alleati, impegnata contro gli Ottomani. Si trasse da parte anche re Enrico III di Francia ospitato nel 1574, nel più sfrenato dei lussi, dal doge Alvise Mocenigo. Gli furono assicurate anche le attenzioni della più celebrata cortigiana di quegli anni: Veronica Franco, letterata, musicista e poetessa. Poco dopo, a peggiorare la situazione, ci si mise anche un grave incendio accidentale scoppiato a Palazzo Ducale. Fu proprio in quei giorni che alcuni marinai o mercanti riuscirono a sbarcare eludendo la quarantena ai porti. La Repubblica se ne accorse troppo tardi. Furono nominati controllori della pulizia delle case; vietata la vendita di alimenti creduti pericolosi; chiusi, i luoghi pubblici e perfino le chiese. Solo ai medici fu concesso di circolare, a condizione che indossassero la maschera col becco ed altri indumenti distintivi. Anche a Chioggia, i ricchi cercavano di curarsi con la misteriosa Teriaca. Un intruglio prodotto dai farmacisti in pubblico, sotto il diretto controllo di funzionari statali, a garanzia della genuinità delle presunte sostanze medicamentose. La ricetta della Teriaca veneziana, reputata particolarmente efficace, era considerata un'evoluzione di quella originaria che fu somministrata all'imperatore Nerone dal proprio medico Andromaco. Conteneva ben 64 principi: una gran quantità di spezie, oppio, carne di vipera, testicoli di castoro o di cervo e polvere ricavata da porzioni di dente del narvalo, cetaceo dell'Artico, scambiato per trofeo del leggendario, mai esistito liocorno. I poveri ricorrevano invece ai salassi ed all'urina. Le cronache riferiscono pure dell'accensione di tanti inutili fuochi purificatori, con erbe e legni particolari, secondo la ricetta di alcuni medici fantasiosi.

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Il Gazzettino