Due arnie bellunesi saranno sotto agli occhi di tutti. Monitorate, in tempo reale, con una webcam che seguirà le api in ogni movimento, in ogni attività. E la vita...
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PIONIERI
Piol è convinto che Belluno sia locomotiva ed afferma deciso: «Questa è l’unica struttura in Italia non solo in relazione al telecontrollo, ma per il fatto che i dati vengono condivisi». Sensori, telecamere, finalità didattiche paiono, quindi, le parole d’ordine del progetto iniziato, nell’ottica della sostenibilità, dall’assessore Stefania Ganz e portato a termine dal successore Alberto Simiele con un costo diviso tra Cipra international (con 7mila euro) e casse del Comune (3mila): «L’ape è indicatore del benessere della terra e il 30% di ciò che mangiamo è merito del loro lavoro, oggi il pericolo per le api è la snaturalizzazione dell’ambiente rurale», ha ricordato Simiele. Alex Segat, assessore a Limana, dopo aver ringraziato per il coinvolgimento del proprio Comune nell’iniziativa, ha sottolineato come «la simbiosi tra apicoltore ed ape sia tra le più perfette e questo biomonitoraggio potrà incuriosire anche i non addetti ai lavori» e come, spesso, «l’apicoltura serva ad integrare il reddito». La camera di volo, non va sottovalutato, è stata interamente realizzata da menti e artigiani bellunesi, tra loro Luca Serafini, Massimilano Dell’Olivo, Siro Bona, Andrea De Bona. È proprio De Bona, vicepresidente di ApiDolomiti ad aprire l’arnia. Veste la tipica tuta da apicoltore, con tanto di maschera. Ha anche acceso l’affumicatore in cui brucia materiale legnoso naturale: “Solo per prudenza, così le api restano calme. «A proposito di api “calme”, viene da chiedersi se è il caso di temerne il pungiglione. “La regola è di stare tranquilli, di fare movimenti lenti – è la risposta – le api non sono interessate a pungere, perchè muoiono, quindi lo fanno solo se si sentono in pericolo. Non sono vespe che possono pungere più volte». Sono ben 700 i soci di ApiDolomiti, la cooperativa mutualistica che, nata nel 1975, ha la sua sede a Limana. Gli apicoltori, così, condividono alti e bassi, con il coinvolgimento,pure, della produzione di miele. È De Bona a ricordare gli anni duri, tra il 1980 e il 1983: «È arrivata la varroa un pidocchio dell’ape che attacca, succhia l’emolinfa e debilita l’imenottero». Contro questo parassita ancora oggi si lotta: «Con trattamenti che si fanno ad agosto e novembre». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino