Grafica Veneta: i pachistani lavoravano 12 ore al giorno, trovati i tabulati con i timbri

I dipendenti di Grafica Veneta durante una protesta
PADOVA (M.L..) - Sono stati sequestrati, alla fine, i tabulati delle timbrature dei lavoratori pachistani che operavano dentro a Grafica Veneta. Il documento ora è stato...

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PADOVA (M.L..) - Sono stati sequestrati, alla fine, i tabulati delle timbrature dei lavoratori pachistani che operavano dentro a Grafica Veneta. Il documento ora è stato sottoposto al pubblico ministero Andrea Girlando che ha coordinato le indagini del caso di caporalato avvenuto all'interno dei capannoni della grande società editrice di Trebaseleghe. I pachistano erano dipendenti di Bm Service, una ditta trentina che aveva in appalto la fascettatura dei libri. 


Dai tabulati delle timbrature, che in un primo momento l'azienda aveva cercato di tenere nascosti, appare evidente che i pachistani lavorassero anche 12 ore al giorno, anche se hanno potuto avere libere alcune domeniche e giorni festivi.


Per il caso dello sfruttamento dei lavoratori, si tornerà in aula sabato 9 ottobre. Sarà un'udienza non stop dalle 9 alle 17, per raccogliere le testimonianze delle undici vittime, assistite dagli avvocati Giorgio Gargiulo e Mattia Basso attraverso il progetto Nave del Comune di Venezia, che ne cura l'assistenza in una località protetta. Il pubblico ministero Andrea Girlando ha l'esigenza primaria di raccogliere il racconto dei lavoratori sfruttati in forma protetta, assicurando il contraddittorio tra le parti. Le testimonianze su minacce e violenze subìte potranno in questo modo essere acquisite direttamente nel fascicolo processuale e avranno valore di prova. Non sarà quindi necessario riconvocarli in aula, magari a distanza di molto tempo, quando verrà celebrato il processo. 
Intanto nei giorni scorsi sono stati resi noti i termini dell'accordo per il patteggiamento raggiunto tra la Procura della Repubblica e la difesa dei due dirigenti di Grafica Veneta accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. 


L'amministratore delegato Giorgio Bertan e il responsabile dei sistemi di gestione integrati Giampaolo Pinton, da un paio di giorni non più sottoposti all'obbligo di dimora nei rispettivi comuni di residenza, cioè Camposampiero e Santa Giustina in Colle, dovrebbero uscire di scena senza gravi conseguenze. Hanno infatti ottenuto di poter convertire, come previsto dalla legge per il reato contemplato all'articolo 603 del codice penale, la pena detentiva in una sanzione pecuniaria. I sei mesi di reclusione, già decurtati di un terzo per lo speciale rito alternativo, saranno trasformati in moneta sonante. Duecentocinquanta euro per ciascuno dei 180 giorni di reclusione previsti: vale a dire che Bertan e Pinton dovranno tirare fuori dalle proprie tasche 45mila euro ciascuno. Cui dovranno essere aggiunti i 200-220mila euro a titolo di risarcimento degli undici lavoratori pakistani sfruttati nel magazzino del colosso di Trebaseleghe.


Il condizionale rimane d'obbligo in quanto la decisione finale spetta al giudice per le indagini preliminari Claudio Marassi, cui è stata trasmessa la proposta di patteggiamento. L'udienza per l'applicazione della pena in fase di indagini sarà fissata attorno alla metà di ottobre.
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Il Gazzettino