Grafica Veneta, i dipendenti difendono l'azienda: «Qui gli stranieri sono sempre stati accolti e integrati»

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PADOVA - I dipendenti di Grafica Veneta, il colosso dell’editoria padovana, si schierano al fianco del presidente Fabio Franceschi. «Noi, sempre pagati puntualmente, siamo fiduciosi che la magistratura farà il suo corso». Lo scrivono in una nota che molti di loro hanno pubblicato poi sulle pagine social con l’hashtag #iosonograficaveneta.

LA DECISIONE
L’obiettivo del gruppo è quello di esprimere la propria solidarietà all’azienda. Il comunicato è stato divulgato attraverso l’addetta stampa di Grafica Veneta, finita al centro dell’operazione “Pakarta” dei carabinieri di Padova, che ha smantellato una rete di caporalato gestita da un gruppo di pakistani violenti e spietati. La Procura del capoluogo euganeo, oltre che per i componenti della “banda” di stranieri che gestiva l’azienda trentina che aveva in appalto la fascettatura e l’inscatolamento dei libri per il colosso di Trebaseleghe, ha infatti richiesto al Gip, e ottenuto, l’emissione di due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari per Giorgio Bertan (43 anni) e Giampaolo Pinton (59 anni), rispettivamente amministratore delegato e responsabile della sicurezza. Ai due è stato revocato il ruolo di dirigenza. 

IL TESTO
Il dipendenti nel testo chiariscono che l’azienda nei loro confronti «non ha mai avuto atteggiamenti di caporalato anzi è sempre stata ligia in una collaborazione reciproca». 
«L’aver appreso tali metodi di sfruttamento da parte di una cooperativa esterna - continuano - ci ha sorpresi e nello stesso tempo ci sentiamo denigrati di un metodo serio di lavoro svolto in questi anni, portando l’azienda a livelli di concorrenza mondiale».
«Lo stipendio sempre puntuale e senza alcuna cassa integrazione, ha permesso a tutti noi di costruirci una famiglia, realizzare i nostri desideri o per gli stranieri dell’Est, accolti in azienda decenni fa, di integrarsi e stabilizzarsi nel nostro territorio». 
Questo pure nei momenti più difficili: «Anche nel periodo di lockdown la proprietà, grazie a noi collaboratori, ha trovato l’alternativa di variare la propria produzione a favore della protezione dell’individuo realizzando mascherine con l’avvalersi di ulteriori figure che poi sono state reintegrate nella catena di produzione di libri».
Il comunicato si conclude con un pensiero al patron: «Il presidente Fabio Franceschi ci ha insegnato che la puntualità, la precisione e il voler far bene il proprio lavoro può solo dare buoni frutti a tutta la Grafica Veneta. Ora siamo fiduciosi che la magistratura farà il suo corso in questa vicenda». 

NELL’ORDINANZA
Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Domenica Gambardella, emerge come Bertan e Pinton sarebbero stati a conoscenza della situazione di illegalità e avrebbero provato a inquinare le prove. Secondo gli inquirenti, infatti, i due avrebbero saputo dello sfruttamento dei lavoratori stranieri da parte della trentina Bm Service, sia per quanto riguarda gli incessanti turni di lavoro, che per la sorveglianza a vista a cui erano sottoposti. Sarebbero stati, inoltre, consapevoli “delle degradanti condizioni di lavoro e della mancata fornitura dei Dpi (scarpe antinfortunistiche, protezioni da rumori). Tale situazione ha comportato un tentativo di elusione dei controlli, edulcorando o eliminando dai server informatici gran parte dell’archivio gestionale che registra gli ingressi e le uscite dei lavoratori”.


Intanto sulla vicenda interviene anche Sergio Giordani, sindaco di Padova: «Quello che emerge sullo sfruttamento dei lavoratori in questo episodio è sconcertante, un plauso ai Carabinieri e alla Procura di Padova per aver sciolto le catene di queste persone lese nella loro dignità. Serve fiducia nella magistratura che saprà accettare i fatti e le responsabilità delle persone raggiunte da provvedimenti. Quanto a Fabio Franceschi io posso solo dire che lo considero una persona per bene ed è stato vicino alla città in un momento difficile, quando in emergenza e durante il lockdown duro ha aiutato nell’operazione che ha visto emettere migliaia di buoni spesa per le famiglie e le persone che non avevano più di che mangiare».
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Il Gazzettino