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VENEZIA - I tempi cambiano e ormai nessuno si meraviglia più di vedere una donna gondoliere. La prima a provarci già negli anni 90 fu, con alterne fortune, Alex Hai, divenuta famosa in tutto il mondo per la sua battaglia per entrare nella categoria professionale più tipica di Venezia. Ora invece, passando dietro piazza San Marco, si può notare il primo africano con la maglietta da pope. È Mohamadou Diop, 46 anni, tuttofare allo stazio del bacino Orseolo, provvisto di licenza ufficiale di ganser concessa dall'ufficio Gondola e di relativa assicurazione. Mohamadou è nato a Guinguineau, un paesino del Senegal, e dal Duemila lavora a Venezia. È diventato ben presto il beniamino dei gondolieri, tanto che gli hanno affibbiato anche il detto, ovvero il soprannome, tradizione tipica della categoria. Il senegalese è infatti chiamato Dolo, perché prima di andare a risiedere a Mestre, viveva nella cittadina della Riviera del Brenta. Mohamadou vendeva borse, come molti suoi connazionali, ma, parola di gondoliere, «si lasciava prendere dalla polizia municipale, piuttosto che scappare correndo e rischiare di finire addosso alle persone».
Gondoliere nero a Venezia
«Un bravo ragazzo continua Alessandro Collavini, bancale dello stazio, cioè il capo e fra i gondolieri più anziani in attività passava sempre di qua e così ci siamo conosciuti.
Il gondoliere Dolo e il sogno dell'Italia
«Già a quindici anni guardavo all'Italia come a un sogno racconta Mohamadou, con inflessioni in veneziano avevo dei libri che mostravano Venezia ed amici che mi parlavano dell'Italia e di questa città. Così a vent'anni ho raccolto i soldi e sono venuto in aereo. Dal Dolo arrivavo ogni giorno a Venezia per vendere le borse che mi davano, ma non mi piaceva, anche se stare in Italia era bello: un Paese pieno di brave persone». «Poi ho raccolto subito l'offerta dei gondolieri e sono contento di lavorare con loro. C'è una turnazione, perciò presto servizio solo 3 giorni alla settimana. Di solito prendo 60, 70 euro al giorno, ma buona parte li mando alla famiglia in Senegal. Ho pensato anche di far venire moglie e figli qui a Venezia, ma è molto difficile, perché ci vorrebbe una casa grande. Torno da loro ogni anno, in novembre. Intanto io abito a Mestre, in un appartamento che divido con amici. Ormai conosco più il veneziano che l'italiano, e dico sempre Vegno da Casteo. Qualcuno si meraviglia che ci sia un uomo di colore allo stazio, ma i commenti sono tutti belli e favorevoli, e si complimentano per questo strano fatto».
Certo che sente il richiamo dell'Afica, di casa. «Forse fra anni tornerò in Senegal, ma lì la situazione politica è molto brutta: c'è un presidente, ma in realtà è un dittatore che fa quello che vuole. I francesi prendono il 90 per cento delle nostre risorse ed il Senegal è completamente sotto la volontà e la costante presenza di quel Paese europeo. Ci hanno distrutti ed ora abitare in Senegal è molto pericoloso, anche per la presenza di bande armate. Fra noi c'è una forte presenza musulmana, ma siamo moderati, non certo radicali». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino