Giuseppe Zolli, eroe del Risorgimento e garibaldino: il "mistero" del monumento

Illustrazione di Matteo Bergamelli
 Fu uno dei Mille che, combattendo al fianco di Giuseppe Garibaldi, contribuirono a scrivere l'ultimo capitolo della storia dell'Italia pre-unitaria. Finito in...

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 Fu uno dei Mille che, combattendo al fianco di Giuseppe Garibaldi, contribuirono a scrivere l'ultimo capitolo della storia dell'Italia pre-unitaria. Finito in miseria, Giuseppe Zolli attraversò un periodo molto buio che lo spinse fino all'orlo del suicidio, ma finì poi per godere di un sussidio fino a che non trovò posto come professore in diverse scuole d'Italia, prima di tornare nella sua Venezia e trascorrervi gli ultimi anni della sua vecchiaia.


Secondo una leggenda veneziana molto popolare, sarebbero sue le fattezze del soldato che, sul monumento a Garibaldi che si erge ai Giardini di Castello, sembra guardare le spalle al generale. Nato il 27 luglio del 1838 e avendo vissuto con occhi di bambino i moti rivoluzionari che dieci anni più tardi avrebbero scosso tutta l’Europa, mosso da un forte sentimento patriottico entrò a far parte di quella schiera di studenti dell’Università di Padova che all’inizio del 1859 si spostarono in Piemonte per prendere parte alla seconda guerra d’indipendenza. Non potendo rientrare in Veneto continuò gli studi a Pavia, dove entrò a far parte del Partito d’azione mazziniano ma finì per dover riparare in Svizzera, con la polizia sabauda alle calcagna. L'anno successivo si imbarcò a Genova con i Mille, conducendo tutta la campagna ma non abbandonando mai gli studi: finì anzi per laurearsi in ingegneria a Napoli. Col finire dell'epopea garibaldina, senza poter ancora tornare a Venezia (che sarà annessa al resto d'Italia solo nel 1866) iniziò per lui un periodo terribile: privo di lavoro e in gravi ristrettezze economiche si mosse tra Milano, Torino e Firenze, godendo da un certo momento del sussidio di due lire al giorno ottenuto grazie al Comitato politico centrale veneto, che attestò come Giuseppe Zolli fosse un giovane “onesto e abile nella sua professione di ingegnere” e come si trovasse “nella più squallida miseria”. Nemmeno Garibaldi in persona, che lo raccomandò per un posto di ingegnere assistente nel Genio Civile di Palermo, riuscì a dargli un lavoro. Sull’orlo del suicidio, sul finire del 1862 Zolli si vide accolta una richiesta dal Ministero della Pubblica Istruzione e fu nominato professore d’Aritmetica nel liceo di Benevento. Mise su famiglia ed ebbe dei figli. Ciò non gli impedì, allo scoppio della terza guerra d’indipendenza del 1866, di arruolarsi nuovamente tra le fila garibaldine, col grado di luogotenente del 1° Reggimento. Ripreso il lavoro, si trasferì a Macerata e a Cesena, prima del definitivo ritorno a Venezia. Qui con tutta probabilità assistette all'inaugurazione del monumento dedicato a Giuseppe Garibaldi, opera di Augusto Benvenuti, eretto ai Giardini nel 1885. Su Zolli e il monumento esiste dunque una storia tutta veneziana. Si racconta infatti che al momento dell'inaugurazione il grande piedistallo sostenesse le sole statue del generale e del leone, che ancora oggi lo compongono. E di come Zolli solesse rimirare l'opera, giurando a se stesso che – vivo o morto – avrebbe sempre protetto le spalle del suo generale. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1921, secondo la leggenda il fantasma del garibaldino, vestito della classica camicia rossa, avrebbe iniziato a insidiare chiunque si avvicinasse troppo al monumento, specialmente di notte. E fu così che – per volontà popolare – si decise di realizzare una statua con le sue fattezze giovanili che, ancora oggi, sembra fieramente vigilare sull'incolumità di Garibaldi. I resti mortali di Giuseppe Zolli – il garibaldino veneziano – riposano a Venezia nel suggestivo settore cinerario storico del cimitero di San Michele in Isola. “Fedele alle dottrine mazziniane – recita il suo epitaffio – e alle aspirazioni del suo duce Garibaldi, con la mente e’l core rivolti alle terre nostre irredente”. Accanto alla sua urna vi sono quelle dei due figli, Euclide e Mameli.
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Il Gazzettino