Omicidio Cecchettin. Stella Di Bartolo del Telefono Rosa: «Se vi controlla il telefonino non vi ama: donne, parlate!»

L'intervista alla presidente del centro antiviolenza

Omicidio Cecchettin. Stella Di Bartolo del Telefono Rosa: «Se vi controlla il telefonino non vi ama: donne, parlate!»
TREVISO - «Ho sentito di Giulia...povera ragazza...ho rivissuto tutto quello che è successo a me... questo è un incubo da cui non si esce mai. Mi ha riportato...

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TREVISO - «Ho sentito di Giulia...povera ragazza...ho rivissuto tutto quello che è successo a me... questo è un incubo da cui non si esce mai. Mi ha riportato fuori tutto, sto tanto male...». E’ una delle tante voci di donne vittima della violenza maschile che arrivano sul telefono dell’avvocato Stella Di Bartolo presidente del centro antiviolenza del Telefono Rosa di Treviso. Un pugno allo stomaco, ogni volta. «Il ricordo dormiente di queste donne si smuove - spiega Di Bartolo - anche se sono passati anni, la violenza torna fuori, è una sorta di rievocazione, la ferita che si riapre». Nell’ultimo anno sono state 370 le chiamate al Telefono Rosa, 176 le donne prese in carico e cioè che vengono accolte, seguite dalla psicologa. «Duecento le donne che dopo aver chiamato, desistono. Per questi casi possiamo solo sperare che la situazione a casa sia migliorata anche se quasi sempre non è così... ». 


Nella casistica trevigiana il violento chi è? 
«Soprattutto il compagno o il convivente. Ma abbiamo avuto casi anche di altri famigliari uomini e anche di datori di lavoro».


Quando le donne capiscono di essere vittime?
«In genere quando la situazione è già degenerata. Arrivano a noi attraverso i servizi sociali o le forze dell’ordine. Molte arrivano dal pronto soccorso dove anche a Treviso funziona il codice rosa con corsie preferenziali e ambulatori dedicati per le donne. Dei luoghi protetti per tutelare le vittime dal maltrattante. Spesso infatti gli uomini violenti raggiungono le donne al pronto soccorso convincendole a tornare a casa senza farsi medicare e refertare».


L’inizio del percorso è difficile? 
«Le vittime di violenza arrivano qui sempre molto tese, hanno paura del giudizio, l’accettazione è difficile, anche solo parlarne fa male. Perciò la comunicazione è molto importante, anche nei mass media: non si deve parlare in modo violento della violenza».


Quali sono i segnali che possono aiutare a riconoscere un uomo violento? Come cioè si possono salvare le donne potenzialmente a rischio? 
«Il narcisismo, la cultura patriarcale. Ma fare delle liste è quanto mai difficile: il fenomeno è ormai strutturale, trasversale rispetto a condizione economica, cultura, religione. L’allarme è dato dai comportamenti. L’uomo maltrattante - o che rischia di diventarlo - tende a isolare la donna. Le controlla il telefono, vuole sapere sempre con chi esce, tende a essere sempre presente dove si trova lei e a svalutarla. In genere cercando tagliare i contatti della compagna con la famiglia d’origine».


Ma le donne non se ne accorgono..
«Il guaio è che se sei innamorata pensi che questi atteggiamenti siano messi in essere perchè il tuo compagno ci tiene a te. E quindi vengono sottovalutati o proprio non compresi». Un consiglio alle donne
«Confrontatevi, parlatene con adulti di riferimento: famigliari, insegnanti, medici di famiglia, farmacisti, centri di ascolto. Ma anche un’amica. E poi dite no alla richiesta di un ultimo appuntamento o se ci andate, sempre accompagnate. Siate libere, ma tutelatevi».
Quale il lavoro da fare come rete di istituzioni e centri?


«Bisogna insistere sulla prevenzione. La legge è stata inasprita - con il codice rosso - ma i numeri non sono cambiati. Bisogna fare un lavoro culturale su scuole e famiglie». Il centro antiviolenza di Telefono Rosa risponde al numero nazionale 1522 e a Treviso allo 0422.583022. Per vincere la violenza e tornare a sorridere.
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Il Gazzettino