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ROVIGO - Per nonna Carla, Giulia Cecchettin resterà «la mia bambina». E a lei, probabilmente, dedicherà il suo secondo romanzo. Scrittrice autodidatta, pittrice e socia del Circolo culturale Arti decorative di Rovigo, Carla Gatto ha presentato ieri nella sala della Pescheria nuova del capoluogo polesano il suo libro di debutto, "Con lo zaino in spalla e...". Da tempo in calendario per la rassegna "Un raggio di sole", che l'Associazione "Le mille e una notte" ha organizzato in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l'incontro s'è legato con il filo invisibile del destino alla tragica vicenda della nipote 22enne, uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta lo scorso 11 novembre. Il dipinto che è l'immagine di copertina del suo romanzo d'esordio, nonna Carla l'aveva dedicato alla mamma di Giulia, scomparsa un anno fa: «Ricordo che quando sono andata a trovarla gliel'ho raccontato a grandi linee. E m'ha detto: "Eh sì Carla, quando torno lo leggo". È stato il mio modo di dire che l'ho amata molto quella ragazza. Forse il prossimo libro lo dedicherò alla mia bambina, che con molto dolore mi manca...».
Un dolore che ferma le parole perché niente può descriverlo. Anche Emma, la protagonista di "Con lo zaino in spalla e...", deve affrontare la violenza di un uomo: il patrigno, tutt'altra persona che in apparenza.
IL RICHIAMO
«Diciamo che - ha continuato Carla Gatto - un po' richiama la storia, anche se non è uguale assolutamente. Quella di Emma è una storia, e quella che sto vivendo no». Dalle pagine del libro alle pagine di cronaca, lo stesso filo sottile ha legato anche il dibattito con il pubblico in platea, con nonna Carla, assieme alla giornalista Giorgia Brandolese, in dialogo attento a trovare il tempo per l'ascolto e la riflessione. Ad esempio, sul fatto che «ai figli si dà una parte del nostro tempo. Non si dedica la parte principale». «Quando un padre dice "Io ho dato tutto" - ha chiesto Carla Gatto - cosa ha dato? Una macchina, un vestito firmato, divertimento, ti ho fatto andare a scuola? Tutte cose importanti, per carità. Ma se manca amore, se manca la conoscenza dell'animo del figlio che hai, a cosa servono? Sono superficialità. È per questo che in tante famiglie ci sono certi casi. La vita che facciamo non è più quella di 50 anni fa: bisogna correre, bisogna fare, e non si è mai contenti. Per cui dimentichiamo e siamo diventati individualisti. I figli sono lasciati un po' così. Non sono psicologo, ma secondo me - ha aggiunto -, più che un vestito o un giubbotto firmato bisogna dare ai figli una bella dose di amore. E di conoscenza. Se no i figli, poi, non hanno il coraggio di confidarsi con i genitori quando si sentono un po' allo sbaraglio e soli. Allora si aggrappano a qualcosa. A cosa? Alla prima persona che gli dà un po' di amore. Quella persona diventa vitale: senza non riescono a vivere. Di conseguenza, davanti a un "No"... Succede di tutto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino