​«Favorì la prostituzione». Ma il giudice condannato può rientrare in servizio

«Favorì la prostituzione». Ma il giudice condannato può rientrare in servizio
VENEZIA - Condannato per favoreggiamento della prostituzione, era stato sospeso dalla magistratura, sia come cassazionista che come tributario. Ma l'epilogo di questa storia...

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VENEZIA - Condannato per favoreggiamento della prostituzione, era stato sospeso dalla magistratura, sia come cassazionista che come tributario. Ma l'epilogo di questa storia di veleni fra toghe è che ora il giudice di Lecce, già presidente della commissione regionale del Veneto, potrà tornare in servizio nei contenziosi erariali. L'ha deciso il Tar del Lazio, con una sentenza pubblicata l'altro ieri, sulla base di una lacuna nella legge sull'ordinamento della giustizia di settore: la norma prevede «genericamente» l'apertura del procedimento disciplinare «per comportamenti non conformi ai doveri e alla dignità del proprio ufficio», ma «in concreto» non dice quali siano gli atteggiamenti censurabili quando sono «tenuti nella vita privata».

 
LA VICENDA
Tutto comincia il 1° luglio 2016, quando vengono apposti i sigilli ad un appartamento nel capoluogo del Salento, pubblicizzato sui siti Internet come casa di vacanza Lauretta. Il magistrato Giuseppe Caracciolo finisce sotto inchiesta, insieme alla compagna poliziotta in aspettativa, per concorso in favoreggiamento (e inizialmente anche sfruttamento, ipotesi poi caduta) della prostituzione: secondo l'accusa, la coppia ha dato in affitto le stanze dell'alloggio attiguo al proprio a giovani romene, che lì accoglievano i propri clienti. Per questa vicenda, il 19 aprile 2018 i due imputati vengono condannati in primo grado ad un anno di reclusione e di interdizione dagli uffici pubblici, pena rispetto a cui le difese annunciano appello. Nel frattempo, però, scattano anche le conseguenze disciplinari nei confronti del giudice. Il 28 luglio 2016 il Consiglio superiore della magistratura (Csm) ne dispone la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio e il collocamento fuori dal ruolo organico. Inoltre fra il 29 gennaio e il 3 ottobre 2017 a Caracciolo vengono comunicate le delibere con cui anche il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Cpgt) lo sospende dall'incarico, dapprima per sei mesi e quindi a tempo indeterminato, bloccando pure l'erogazione del relativo emolumento.

ACCUSA E DIFESA
Come riassume il Tar, a cui il 61enne chiede di annullare i provvedimenti sanzionatori, secondo l'organo di autogoverno della giustizia tributaria il suo comportamento «si pone in contrasto con la dignità dell'ufficio, menomando la credibilità e l'affidabilità del giudice tributario». A questa tesi il magistrato oppone tuttavia una raffica di motivi di ricorso, sostenendo ad esempio che l'azione disciplinare sia stata condotta con pregiudizio nei suoi riguardi, anche perché promossa su iniziativa dell'attuale presidente facente funzioni della commissione tributaria veneta Carmine Scarano, che a suo tempo aveva perso una battaglia giudiziaria proprio contro l'insediamento in laguna di Caracciolo, peraltro di fatto rimasta sulla carta per la sua nomina a componente dello stesso Cpgt. Si legge poi agli atti: «Il consigliere relatore avrebbe manifestato nella chat di gruppo la sua personale avversione nei confronti del ricorrente usando espressioni che avrebbero dimostrato animosità e inimicizia» e avrebbe svolto l'istruttoria «con eccesso di zelo e ingiustificata urgenza».

LE MOTIVAZIONI

Arriviamo infine a questi giorni, quando il Tribunale amministrativo del Lazio ritiene infondate gran parte delle argomentazioni del magistrato condannato, tranne una: la legge, riconoscono i magistrati romani, non definisce nel dettaglio quali sono i comportamenti privati da considerare riprovevoli per un giudice tributario. Per questo il provvedimento di sospensione e la norma del regolamento, priva di copertura legislativa, vengono dichiarati illegittimi. Ma nelle motivazioni della sentenza c'è spazio anche per un appello al legislatore: «Sarebbe forse auspicabile un intervento legislativo per colmare la lacuna normativa, essendo difficilmente spiegabile che un magistrato, per la stessa condotta tenuta al di fuori dell'attività istituzionale, possa essere sottoposto a sanzione disciplinare nell'ordinamento giudiziario, con sospensione cautelare dalle funzioni, ma non possa essere sospeso dalle funzioni di giudice tributario». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino