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Quando alle 2 del mattino del 12 ottobre 1492 il marinaio Juan Rodriguez urlò a squarciagola “Terra! Terra!”, comunicando a Cristoforo Colombo e agli altri uomini di equipaggio che dopo oltre due mesi di navigazione il loro viaggio era giunto a conclusione, ad ascoltare quelle parole vi era anche un veneziano. Di lui non si sa praticamente nulla: né quando sia nato, né da chi, né che volto avesse. Ma il nome, quello sì, registrato dalle cronache dell’epoca: Giovanni Vezzagno. Che non fu l'unico straniero di quella spedizione: assieme a Colombo vi era un altro genovese, Giacomo Rimo; oltre a un marinaio calabrese, Antonio Calabrese. Il quinto straniero - dei novanta uomini che formarono i tre equipaggi, in maggioranza andalusi, baschi e galiziani - era portoghese. Una spedizione, quella spagnola, sulla quale oggi vi sono posizioni controverse, legate a revisioni culturali che la inquadrano come l'inizio di una lunga stagione di schiavitù e sofferenza per le popolazioni indigene americane; ma sulla quale non si può non ammettere che fu una impresa straordinaria. Fino a qual momento infatti nessuno, che si sapesse - e che si sappia con certezza - aveva mai attraversato l'Oceano. A dare il loro contributo determinante all'impresa di Colombo furono tre fratelli, Martín Alonso, Francisco e Vicente Yáñez Pinzón, che a titolo diverso si misero al comando delle due navi non condotte dal genovese. Quasi certamente Vezzagno dovette essere un marinaio esperto, poiché diversi tra gli spagnoli furono reclutati per mezzo di un ordine del re al quale non avrebbero potuto rifiutarsi. Quattro furono addirittura scarcerati, in cambio della disponibilità a mettersi in viaggio. Il veneziano accettò volontariamente l'incarico, molto probabilmente a fronte di un buon compenso. La Santa Maria, la Pinta (dipinta) e la Santa Clara, soprannominata Niña (la Bambina) dal nome del suo padrone Juan Niño, presero il largo dal porto di Palos venerdì 3 agosto, diretti verso le isole Canarie. Il giorno precedente i 90 uomini che formarono la spedizione avevano ascoltato la messa nella chiesa di san Giorgio ed erano a dormire presto. Tra i membri dell'equipaggio c'era un medico, un chirurgo, un farmacista, tre notai (inviati speciali dei re) e un ispettore e controllore delle spese. Non vi erano soldati, né preti o frati. Nel dubbio di quali popolazioni avessero incontrato fu imbarcato un interprete, l'ebreo converso Luis del la Torre, che parlava ebraico, caldeo e arabo. Colombo calcolò di poter circumnavigare il globo e raggiungere Cipango, il Giappone, in 25 o 30 giorni. Ci mise più del doppio, senza sapere che il continente americano gli avrebbe sbarrato il passo. Le navi procedettero in fila indiana e presto si distanziarono l'una dall'altra, comunicando tra loro con fuochi durante la notte e con fumate durante il giorno. A bordo vi erano provviste per un anno di navigazione; erano state imbarcate anche alcune bocche da fuoco e una serie di oggetti - perline di vetro, campanelli, berretti - che essendo molto apprezzati dagli africani si ritenne che sarebbero piaciuti anche agli abitanti delle Indie che si ripromettevano di incontrare.
Il Gazzettino