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«Il dolore per la morte di Tommy non ci lascerà mai, indipendentemente da come finirà il processo penale». Giovanni Tiveron, il papà del bambino di quattro anni morto schiacciato dal cancello della sua futura casa in via IV Novembre a Dosson di Casier il 29 luglio dello scorso anno, sa che qualsiasi sentenza non gli ridarà indietro suo figlio. Questa mattina infatti, alle 9.30 davanti al gup Gianluigi Zulian, si terrà l’udienza preliminare che vede imputati di omicidio colposo i due fabbri che avevano installato il manufatto, Bruno e Manuel Marconato, 75 e 38 anni. Difesi dall’avvocato Salvatore Rizzo, zio e nipote presenteranno la richiesta di patteggiamento, già concordata con il pm Davide Romanelli, a due anni di reclusione con sospensione condizionale della pena. Spetterà al giudice decidere se accogliere o meno l’istanza, definendo dunque se la pena è congrua. Di certo, a fronte del patteggiamento, i familiari di Tommaso non potranno costituirsi parte civile per ottenere un eventuale risarcimento. Lo faranno in sede civile con l’avvocato Piero Barolo: la causa per la richiesta dei danni non sarà inferiore al milione di euro.
L’ACCUSA
Secondo la Procura di Treviso, Bruno e Manuel Marconato, titolari di un’azienda artigiana di Paese, avevano effettuato due lavori di manutenzione nel cantiere della casa ormai quasi ultimato, uno a pochi giorni dall’altro.
LA TRAGEDIA
Il piccolo Tommaso Tiveron era andato nella villetta di Dosson insieme ai genitori, al fratellino più piccolo e alla nonna. Era una visita al cantiere oramai ultimato di quella che sarebbe dovuta essere la sua nuova abitazione, che peraltro aveva già ottenuto la certificazione di agibilità. Mancavano solo dei lavori di rifinitura e l’installazione del sistema di automazione del cancello. Erano da poco passate le 20 quando si è consumata la tragedia. Portato d’urgenza all’ospedale, si è tentato l’impossibile per salvare la vita a Tommy, compresi due delicati interventi chirurgici. Ma non c’è stato nulla da fare: dopo tre giorni i sanitari si sono dovuti arrendere e ne hanno dichiarato la morte. Il manufatto avrebbe dovuto essere dotato di fermi, perni e binari per i movimenti di apertura e chiusura delle ante in totale sicurezza e la parte mancante doveva proprio impedirne la fuoriuscita e l’accidentale caduta a terra. Il dubbio sul fatto che l’elemento fosse stato correttamente montato e quindi rimosso in qualche modo in seguito al montaggio, oppure se non fosse mai stato fissato all’anta del cancello in ferro, è stato sciolto grazie all’analisi delle immagini delle telecamere e nel corso dell’interrogatorio dei due fabbri: il bullone non era stato rimesso al suo posto. Una dimenticanza fatale che è costata la vita al piccolo Tommaso.
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Il Gazzettino