PORDENONE - «Io sono mutilato, non invalido». Inizia così a raccontare la sua storia Giovanni Lazzaro, 55 anni, di Azzano, oggi disoccupato. Ma non demorde....
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«Ricoverato a Verona, i medici mi dissero che le opzioni erano due: l'amputazione della parte di gamba sinistra ferita e l'installazione di una protesi o tentare la via chirurgica per la ricucitura delle lacerazioni, con l'eventuale rischio di successive complicazioni o infezioni. Ho scelto la prima». Due giorni dopo l'operazione, Giovanni legge la sua storia in un articolo. «Mi hanno portato il giornale e lì per la prima volta ho realizzato quello che mi era successo». Con la voce rotta dal pianto ripercorre l'incubo che gli ha segnato il resto dei giorni. L'intervento era già avvenuto, ma «leggendo quelle parole ho avuto paura di diventare ciò che non avrei mai voluto essere, un invalido e basta. Allora ho alzato il giornale, mi sono guardato le gambe e ho pensato: "Ti fai tanti problemi quando non ne hai"». Quello stesso giorno le tragedie furono due. «Oltre alla cronaca del mio infortunio lessi anche della morte di un operaio che abitava vicino casa dei miei genitori. Stava sistemando dei sacchi con della graniglia, quando gliene è caduto uno addosso».
Prima dell'impianto della protesi, ha dovuto affrontare altri momenti difficili, episodi che segnano. «Mi spostavo con le stampelle. Andai in chiesa e fu un trauma. Vedere la gamba che mancava, quindi il pantalone, e sbattere contro l'inginocchiatoio, mi fece venire la pelle d'oca».
Dopo tre mesi di via vai dagli ospedali, per Giovanni si presenta un altro problema. «Mi avevano detto che avrei trovato lavoro facilmente, perché le ditte devono assumere gli invalidi, altrimenti vengono sanzionate. Ma il primo impiego che ho trovato, l'ho lasciato dopo una settimana. Mi facevano fare il turno di otto ore in piedi, premendo anche un pedale». Rassegnate le dimissioni e iniziati i corsi nell'ambito della logistica e dei trasporti, «ho avuto diverse esperienze tra magazziniere, data entry, ufficio spedizioni, ufficio traffico per coordinare gli autisti. L'ultimo lavoro l'ho terminato a dicembre dell'anno scorso, questa volta per mia volontà perché era troppo impegnativo per il mio livello e cominciavo a dormire poco la notte». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino