Giorno della Memoria con polemica: «Nostalgici del fascismo tra le cariche dello Stato»

L'intervento del presidente della Comunità ebraica di Venezia Dario Calimani
VENEZIA - Il ricordo si è mescolato alla politica e sono diventate un caso le dure parole di Dario Calimani, presidente della Comunità ebraica di Venezia,...

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VENEZIA - Il ricordo si è mescolato alla politica e sono diventate un caso le dure parole di Dario Calimani, presidente della Comunità ebraica di Venezia, pronunciate ieri mattina alla Fenice, nel corso della cerimonia per il Giorno della Memoria. Quello di Calimani è stato un intervento ricco di preoccupazioni, ma anche con affondi nei confronti dell’attuale governo e della magistratura. 


«La memoria dell’antisemitismo - ha detto il presidente della Comunità ebraica veneziana - è purtroppo memoria del presente: diffusissimo nei social, negli stadi, nelle aule colte delle università. Ciò che manca nei tardivi atti di riconoscimento, come nei discorsi dei nostri politici, è, accanto al nome di chi il male lo ha subito, il nome di chi il male lo ha inflitto. Manca il nome “fascismo”». 

NESSUNA DISCONTINUITÀ
E ancora: «In nome di una pretesa pacificazione nazionale, si è finto che nulla fosse successo. I fascisti si son cambiati d’abito e hanno continuato a vivere tranquilli. In questo spirito, Gaetano Azzariti, presidente del Tribunale della Razza durante il fascismo, dopo la guerra fu nominato presidente della Corte Costituzionale della Repubblica Italiana. Tutt’altro che un esempio di discontinuità. Ed è questo che consente oggi a figure dello Stato, a chi rappresenta le istituzioni della Repubblica nata dalla Liberazione, di rivendicare parità di considerazione, e di disertare il 25 aprile per andare invece a Predappio a celebrare i fasti del regime, a braccio teso nel saluto romano. La sottile assoluzione del fascismo è avvenuta, man mano, attraverso il silenzio. Poi, rispolverando qualche crimine partigiano, o una serie di gravi vendette personali – situazioni ben diverse dall’ideale criminale di un regime – si sono pareggiati i conti fra la dittatura e chi ha partecipato alla Liberazione. Una mancata riflessione e un mancato giudizio giuridico sulla criminalità del regime fascista permettono che cariche dello Stato dichiarino oggi con fiera impudenza la loro nostalgia per i bei tempi passati e la loro passione per i busti di Mussolini».
Riferimento chiaro, questo, al presidente del Senato Ignazio La Russa, peraltro già citato sabato dallo scrittore Riccardo Calimani nel corso della presentazione all’M9 di Mestre del libro di Aldo Cazzullo “Mussolini, il capobanda”. «Non siamo al sicuro - aveva detto Riccardo Calimani - Le ambiguità ci sono, il presidente del Senato ha un busto di Mussolini in casa. Io i timori li ho». 
Dario, invece, ieri ha articolato più ampiamente il pensiero suo e della comunità ebraica veneziana. «In questi giorni - ha aggiunto parlando alla Fenice, davanti a un teatro pieno e al sindaco Luigi Brugnaro - il tribunale di Forlì ha assolto la donna che a Predappio indossava la maglietta con la scritta “Auschwitzland”. La legge Mancino, una legge dello Stato (contro l’apologia del fascismo, ndr), viene tranquillamente disattesa». 
E quindi un affondo anche al sistema giudiziario italiano. «È lecito chiedersi - ha detto il presidente - se la magistratura si stia adeguando ad un clima politico nuovo. La storia del mio popolo non mi consente di sottovalutare i segnali. Lo abbiamo già fatto in passato e l’abbiamo pagata a caro prezzo. Qualcosa sta cambiando nel nostro Paese. E non si può chiedere a me, ebreo italiano di aderire ad una memoria condivisa. La mia memoria non potrà che essere la memoria non pacificata di chi è stato sterminato senza che ancor oggi se ne capisca il perché». 

LA REPLICA


Parole che, a caldo, hanno agitato e non poco gli stati d’animo in Fratelli d’Italia, che alla fine però ha scelto una linea più istituzionale e soft. «Ritengo del tutto immotivate le preoccupazioni di Calimani - ha risposto Raffaele Speranzon, senatore e vicepresidente vicario del gruppo al Senato per Fratelli d’Italia - Comunque adesso ci sono cinque anni di legislatura e anche di governo durante i quali siamo sicuri che riusciremo a fugare le paure di Calimani con i nostri comportamenti irreprensibili e la nostra convinta ed inequivocabile condanna nei confronti di tutti i totalitarismi». 

 

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Il Gazzettino