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PADOVA - A investirlo e a ucciderlo è stato uno dei suoi ragazzi. Un suo beniamino, il centrocampista granata Christian D'Urso 23 anni, originario di Rieti. Lino Simonetto, 77 anni, il tuttofare dell'A.S. Cittadella, lo scorso 29 aprile si è spento all'ospedale di Padova dopo sei giorni di agonia. Una tragedia del mondo del calcio, che riporta alla memoria degli appassionati la mitica ala del Torino Luigi Meroni.
I colori sono gli stessi, granata. Il 15 ottobre del 1967 il calciatore, dopo avere giocato in casa contro la Sampdoria, mentre attraversava la strada è stato investito e ucciso da una Fiat 124 Coupè. Al volante c'era Attilio Romero, grande tifoso del Toro e futuro presidente della squadra. Adesso D'Urso è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio stradale. Il pubblico ministero Roberto Piccione, titolare delle indagini, ha disposto l'autopsia sul corpo di Simonetto e l'esame sarà effettuato dal medico legale Rafi El Mazloum già nella giornata di oggi. Inoltre la Procura ha ordinato una perizia tecnica: la ricostruzione dell'esatta dinamica dell'incidente.
IL FATTO
Lino, amatissimo da tutti i tifosi del Cittadella, venerdì 23 aprile alle 9.30 è salito in sella alla sua bicicletta, e si è diretto al bar dello stadio Tombolato.
CHI ERA
Lino era conosciuto da tutti: calciatori, dirigenti, tifosi e addetti ai lavori. Era il tuttofare dello stadio Tombolato. I colori granata li aveva nel cuore, era sempre pronto a sostenere i giocatori, i suoi ragazzi li chiamava, anche quando girava male. Spendeva una buona parola per tutti, sia nella vittoria e sia nella sconfitta. E poi era una vera sentinella, la struttura sportiva doveva essere utilizzata in maniera corretta guai a sgarrare. Lino ha lasciato la moglie Laura Cervo dopo 53 anni di matrimonio, la figlia Antonella, il figlio Stefano, impegnato allo stadio nel servizio steward, due nipoti ed un terzo in arrivo. Da sempre è stato legato da una profonda amicizia con l'imprenditore Angelo Gabrielli fondatore della società granata. Lino e Laura, originari del trevigiano, hanno vissuto per sei anni in Svizzera e poi sono rientrati a Cittadella. Una volta tornato è stato ingaggiato in azienda dalla famiglia Gabrielli, poi a 52 anni quanto è arrivata la pensione ha iniziato il suo impegno come volontario al Tombolato. Il figlio Stefano, sui social, il giorno della morte ha pubblicato: «Ciao papà hai vinto tante battaglie nella tua vita, questa è stata la più difficile, non ce l'hai fatta purtroppo. Hai lasciato un gran vuoto dentro di me, ti voglio bene». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino