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VILLORBA (TREVISO) - «La violenza era parte integrante del metodo di allenamento. Quello schiaffo alla giovane ginnasta non è stato un caso isolato, anche altre atlete hanno subìto lo stesso trattamento e sono pronte a raccontarlo». A parlare è Francesco Murgia, l'avvocato che assiste la baby atleta schiaffeggiata dalla propria ex allenatrice per una caduta dalla trave. Ieri mattina, 25 ottobre, in tribunale a Treviso si è celebrata la seconda udienza del processo che vede alla sbarra Moira Ferrari, direttrice della società sportiva Sga Gymnasium e coach di ginnastica ritmica a livello nazionale. È accusata di abuso dei mezzi di correzione per il ceffone rifilato all'atleta a gennaio del 2018. All'epoca la bambina aveva 8 anni. Il giudice ieri ha ammesso tutti i testimoni chiamati a deporre dalla parte civile, tra cui alcune ginnaste che in passato avrebbero subìto comportamenti analoghi.
LE STRATEGIE
Il legale di parte civile punta alla riqualificazione del reato in maltrattamenti, dimostrando che quello che succedeva nella palestra era «un sistema». «Il clima descritto dalle ex atlete che verranno sentite in aula è di prevaricazione e violenza» afferma il legale. «È tutto da dimostrare» ribatte l'avvocato Luigi Fadalti, difensore dell'imputata. La difesa contesta questa tesi, forte anche di una prima "vittoria" ottenuta lo scorso 21 aprile: la giustizia sportiva ha infatti archiviato il caso. L'avvocato Fadalti confida che l'esito, al termine dell'istruttoria, sia il medesimo.
In una corposa memoria difensiva presentata alla Procura, la direttrice tecnica aveva ricostruito l'accaduto spiegando che quel giorno in palestra aveva sentito l'allenatrice riprendere più volte la bambina per la scarsa attenzione.
Il Gazzettino