Mano nella mano con moglie e figlia ​Gianni muore in Svizzera con dj Fabo

VENEZIA - «Potrei vivere ancora mesi, forse anni, ma non riesco a mangiare, a parlare, a dormire. Provo dolori lancinanti. È una sofferenza senza...

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VENEZIA - «Potrei vivere ancora mesi, forse anni, ma non riesco a mangiare, a parlare, a dormire. Provo dolori lancinanti. È una sofferenza senza senso». A dirlo era stato Gianni Trez, pensionato Telecom, veneto, di 64 anni che stamattina si è sottoposto a suicidio assistito nella clinica Dignitas, la stessa dove ieri si è spento Dj Fabo


Gianni è morto alla 11 nella clinica "Dignitas" a Pfaffikon in Svizzera a 20 km da Zurigo, mentre la moglie Emanuela Di Sanzo e la figlia Marta gli tenevano la mano. «Come diceva sempre è stato più facile morire - ha detto la moglie - che vivere senza dignità. Ci ha sorriso ed è morto sereno».
Lui è sempre stato un salutista, vegano, addirittura. «Poi la diagnosi del tumore, la prima operazione, le cure. Quindi la ricaduta, altre terapie, altra operazione. E ho detto basta! - aveva raccontato in un'intervista -. Mi sono informato, ho mandato le cartelle cliniche. E alla fine, dopo mesi di attesa, mi hanno convocato».
La moglie Emanuela, in Svizzera con la figlia Marta, spiega che «Gianni era malato da due anni e la sua malattia lo ha ridotto ad avere una non vita. Diversi anni fa, ben prima che Gianni si ammalasse, eravamo insieme davanti alla televisione e guardavamo un programma dove c'era un servizio proprio su questo suicidio assistito in Svizzera», racconta. «Gianni mi ha guardato e me lo ha detto in quel momento: "Se mi ammalo voglio morire così". Adesso siamo qui». «Viviamo in un Paese incivile - sottolinea la donna - che non concede di morire in modo dignitoso». Oltre a Gianni ci sono altre due venete pronte a seguire l'esempio di dj Fabo: sono due donne, una bellunese e una trevigiana. 

L'INTERVISTA
La moglie di Gianni Trez, Emanuela, racconta all'Ansa l'ultimo viaggio del marito, il «pellegrinaggio», come lei stessa lo definisce, per arrivare in Svizzera e la sua rabbia per la mancanza di una legge in Italia che garantisca la "dolce" morte «Sono tanti gli italiani che vengono qua». «Mio marito è equilibrato, razionale, non ha mai avuto un momento di esitazione, ha iniziato a preparare questa cosa da quando si è manifestata la malattia. Sono arrabbiata, oltre alla sofferenza hai anche il peso di dover fare questa cosa all'estero... mio marito voleva morire in Italia».(ASCOLTA L'INTERA INTERVISTA)

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Il Gazzettino