"Giacomo Matteotti, una storia di tutti", al via la grande mostra per il centenario a Rovigo

Il curatore Stefano Caretti: «Ogni sezione ha esposto materiale inedito». Ci sono il calesse e veline del processo

L'inaugurazione della mostra su Giacomo Matteotti
ROVIGO  - Stefano Caretti si definisce con ironia «il più autorevole studioso di Giacomo Matteotti, perché non avevo concorrenti. Tutti si occupavano...

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ROVIGO  - Stefano Caretti si definisce con ironia «il più autorevole studioso di Giacomo Matteotti, perché non avevo concorrenti. Tutti si occupavano solo del delitto ad opera del Fascismo, io del Matteotti vivo». Ed è un Matteotti più vivo che mai quello che ricostruisce, a cento anni dalla morte, la mostra inaugurata ieri a Rovigo, aperta fino al 7 luglio (ingresso gratutito) a palazzo Roncale. Proprio di fronte a palazzo Roverella, dove c’è quella su Toulose Lautrec. Un’accoppiata di storia e arte proposta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.


La mostra s’intitola “Giacomo Matteotti (1885-1924). Una storia di tutti”. È curata da Caretti, insieme ad Anna Steiner e Matteo Origoni dell’omonimo studio di architetti (la prima parente di Velia, moglie di Giacomo), su idea delle direttrici dell’Archivio di Stato di Rovigo Maria Volpato e della Casa Museo Matteotti Ludovica Mutterle. Il lavoro d’èquipe costituisce il valore aggiunto di questa mostra, come spiega Caretti, rispetto ad altre iniziative allestite in occasione del centenario dell’omicidio del deputato socialista, avvenuto il 10 giugno 1924. «Grazie alle molteplici collaborazioni c’è una documentazione imponente, in futuro sarà impossibile averla tutta insieme di nuovo - dice lo storico - Ogni sezione ha degli inediti nella parte fotografica, dei documenti, degli oggetti. Fra le collaborazioni cito le Fondazioni Turati, Kulishoff, Titta Ruffo, il museo Salce»
Le finalità della mostra sono chiare: «Le stesse che Marzio Breda ed io ci siamo dati nel libro “Il nemico di Mussolini” (presentato in serata a Rovigo, ndr), titolo scelto dall’editore Solferino, non da noi. Sono quelle di proporre un percorso sull’uomo e il politico, non solo sul delitto. Matteotti era una persona di rara cultura. Parlava francese, inglese, tedesco e leggeva in lingua originale. Aveva molteplici interessi: sport (canottaggio, equitazione, alpinismo), musica, teatro, cinema. Come politico ha lasciato 107 discorsi. Era apprezzato all’estero. Secondo Leon Blum fornisce uno dei due contributi più importanti nella conferenza di pace di Versailles nel 1919 sulle riparazioni della Germania».


IL PERCORSO
«Matteotti poteva fare una vita facile - gli fa eco Gilberto Muraro, presidente della Fondazione Cariparo - Veniva da una buona famiglia, aveva conseguito una laurea prestigiosa, aveva davanti un futuro da studioso. Invece quando a 13 anni incrocia il Socialismo inizia a spendersi per gli ultimi, nel Polesine di allora i braccianti».
Preferisce cioè la storia di tutti a quella di un’élite. Lo si vede già dal primo dei tre piani su cui è allestita la mostra. Dove uno dei titoli “Ville e tuguri. Matteotti e il suo Polesine” dice già tutto, fra foto in bianco e nero, manifesti, il calesse originale usato dai Matteotti. Al primo piano c’è il percorso sulla famiglia, la moglie, l’impegno socialista e contro la guerra. Al secondo piano ci sono l’attività di parlamentare, la lotta al Fascismo, il delitto e il processo farsa. Con due fra le chicche esposte per la prima volta: «Le veline del processo di Chieti in sette fascicoli e i suoi appunti olografi sul libro “Un anno di dominazione fascista” e le elezioni del 1924» racconta Marina Cattaneo della Fondazione Kulishoff.


La mostra è la prima di due iniziative della Fondazione Cariparo. Il 10 giugno ci sarà la riapertura della Casa museo a Fratta, il suo paese d’origine, con un nuovo allestimento. L’investimento complessivo circa è di circa 1,5 milioni di euro. «Una cifra importante» sottolinea Caretti. «Una scelta convinta per trasmettere la memoria di un combattente per la libertà conosciuto in tutto il mondo» precisa Muraro. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino