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LENDINARA (ROVIGO) - Il sequestro di cui fu vittima Giacomo Matteotti il 12 marzo del 1921, mirato a ridurlo al silenzio dopo la sua denuncia in Parlamento delle violenze del fascismo agrario, è ricordato dalla scultura inaugurata ieri a Lendinara accanto alla chiesa di San Rocco, dove i suoi rapitori lo rilasciarono. A inaugurare l’opera volta alla memoria sono stati i comuni di Lendinara e Castelguglielmo, in collaborazione col Comitato provinciale per le celebrazioni del centenario dell'assassinio del deputato antifascista, l’Università popolare Auser locale e il Gruppo risorgimentale Città di Lendinara.
L'uccisione di Giacomo Matteotti
L’iniziativa rievoca quanto avvenuto il 12 marzo del 1921, due giorni dopo il discorso con cui Matteotti denunciò alla Camera le violenze del fascismo agrario che in quel periodo scuotevano il Polesine. Il deputato, che era a Castelguglielmo per parlare alla Lega braccianti, è stato caricato a forza su un camion da un gruppo di agrari, insultato e minacciato con una rivoltella perché ritrattasse quanto detto alla Camera, lasciasse il Polesine e si ritirasse dalla vita politica. Non avendo ottenuto nulla, i rapitori lo gettarono dal camion nei pressi di San Rocco a Lendinara, da dove Matteotti raggiunse Rovigo, in gran parte a piedi, per partecipare a un incontro per la proroga del patto agricolo. Sembrava tranquillo e solo al termine dell’incontro, rimproverato dai compagni di partito per il ritardo, si è scusato sorridendo: “I mà robà”. L’inaugurazione dell’opera di Alberto Cristini “Il prezzo della libertà”, che riporta su un libro in acciaio un ritratto stilizzato del deputato antifascista e una sua citazione, è stata sottolineata dall’intervento del Prefetto Clemente Di Nuzzo alla presenza di diverse altre autorità tra cui la consigliera provinciale Elisa Sette, i sindaci di Lendinara e Castelguglielmo Luigi Viaro e Maurizio Passerini, i sindaci di Fratta Polesine, San Martino di Venezze e Montegrotto Terme.
La sua eredità antifascista
«Questo monumento è l’ulteriore testimonianza della devozione laica di noi italiani a un eroe dell'antifascismo e della libertà – ha detto –. Il fatto ricordato dal monumento, avvenuto tre anni prima della sua morte, è stato chiaro precursore di ciò che sarebbe accaduto. La sua infaticabile opera come amministratore locale nei paesi del Polesine in difesa delle classi contadine e braccianti del Polesine lo avevano condotto nel 1919 in Parlamento, dove ha portato la sua lotta contro lo squadrismo agrario e fascista e la sua denuncia contro le istituzioni che assistevano inerti a una continua violazione della legalità e dello stato di diritto. Il rapimento ad opera di una squadra fascista fa seguito a un appassionato discorso che tenne in Parlamento».
Il Prefetto ha ricordato come il deputato socialista, a differenza di altri che vedevano il fascismo come un fenomeno transitorio, evidenziò la deriva dittatoriale del fascismo senza trovare alcun ascolto nelle istituzioni. «Il fascismo una volta conquistato il potere sapeva bene che Matteotti sarebbe stato un nemico irriducibile, una spina nel fianco, anche per il prestigio di cui godeva in Italia e all'estero – ha concluso Di Nuzzo –.
Il Gazzettino