PORDENONE In una lettera, scritta a mano, le ragioni dell’abbandono e una speranza: «Scusate ma non posso tenerle. Mi piange il cuore ma non posso...
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LA SCOPERTA
Agli operatori la situazione è parsa chiara sin da subito. Sopra il trasportino e la scatola sigillata hanno trovato un sacco nero, particolarmente voluminoso e all’inizio si è temuto il peggio. Si pensava che all’interno ci fossero dei cuccioli morti. Invece, per fortuna, c’erano scatole di crocchette e altro cibo per sfamare le gatte. I due felini erano spaventati e uno, in particolare, era restio ad ogni cenno di avvicinamento da parte degli operatori del servizio di ambulanza veterinaria. È durante i controlli che all’interno del trasportino è stata trovata una busta. Nessuna indicazione particolare, se non una lettera, scritta a mano, e dei soldi. «Scusate ma non posso tenerle. Sono sterilizzate e molto affettuose», sono state le prime parole che sono balzate agli occhi di chi, di lì a poco, si sarebbe preso cura di loro. I 100 euro, come spiegato nella lettera, erano i soldi per provvedere ad acquistare del cibo. Nella speranza che qualcuno possa provvedere all’adozione. Gli operatori non si erano mai trovati di fronte ad una situazione analoga, cioè dover recuperare due gatte abbandonate per le quali il proprietario aveva lasciato una lettera e che, scusandosi per quel gesto, aveva lasciato anche dei soldi per provvedere al loro mantenimento.
LA PROCEDURA
È stato richiesto l’intervento della polizia locale: non per il caso specifico dell’abbandono ma per i 100 euro che sono stati trovati all’interno della busta e che sono stati lasciati nelle mani degli agenti. Le due gatte sono state condotte al Rifugio di Villotta per essere visitate da un veterinario. Le loro condizioni sono buone. Una volta applicati i microchip potrebbero essere inserite in qualche colonia. Oppure qualcuno potrebbe adottarle. Difficile, se non impossibile, risalire al proprietario delle due gatte. A differenza dei cani, per i quali vige l’obbligo del chip, per i felini non c’è alcuna disposizione specifica. La regione Lombardia è l’unica ad aver stabilito che il dispositivo per l’identificazione del gatto e del padrone è obbligatorio a partire dal primo gennaio 2020. Il microchip dovrà essere installato dal veterinario sui gatti appena nati o appena adottati. La Lombardia è la prima regione a prevedere l’obbligatorietà del dispositivo, ma non si esclude che a breve molte altre decidano di copiare l’iniziativa, anche perché aumenta la sicurezza per i padroni e riduce il triste fenomeno del randagismo felino, diffuso in molte città. In Friuli Venezia Giulia è la battaglia che in questo momento stanno portando avanti le associazioni animaliste, convinte che l’obbligo del microchip per i gatti arginerebbe un problema diffuso (quello dell’abbandono) e difficile da contenere. L’associazione Mi fido di te ha chiuso il 2019 con all’attivo 2mila e 12 interventi: 500 in più rispetto al 2018. Per la maggior parte gli operatori vengono chiamati proprio per i gatti: felini piccoli, abbandonati, bisognosi di cure o che sono stati avvelenati. I gatti occupano il 70 per cento del loro lavoro. Per i cani la situazione è, senza dubbio, di gran lunga migliore rispetto ad altre città. Il fenomeno del randagismo è praticamente inesistente e il 98 per cento dei cani è dotato di microchip. Quindi anche qualora dovessero scappare, gli operatori dell’associazione sono in grado di risalire quasi sempre ai proprietari. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino