Galan, tutta rabbia e ventilatore: «Prendevo 12mila euro, ora con metà fatico a vivere. Farò l'imprenditore»

Galan nella sua villa e il ventilatore sullo sfondo
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PADOVA - «Cosa voglio fare nella vita? Voglio tornare a rischiare di mio. Farò l’imprenditore. E sto scrivendo un libro. Sono ancora appunti ma è la mia verità anche perché sono convinto che c’è chi ha grandi conti correnti accumulati con il Mose e non è stato nemmeno chiamato a dare una risposta. Voglio dimostrare che c’era un sistema. Altro che la mia vicenda. Io non ho preso soldi perché non c’era nessun motivo per darmeli. Il Mose è un’opera statale».




Giancarlo Galan in un’intervista raccolta dal direttore di Antena 3 Domenico Basso nella sua casa di Cinto Euganeo è andato a ruota libera.

È un Galan a tutto campo, provvisto di ventilatore («perché l’aria condizionata non me la posso permettere. Con 5mila euro al mese, lo stipendio minimo del parlamentare non riesco a mantenere questa casa») e che studia per sollevarsi dalla polvere. «C’è chi sta meglio senza meritarselo, quelli che si mettevano i soldi in tasca, 1.2 miliardi di nero fatturava la grande Azienda. Ma io sogno la revisione del processo. Ogni giorno ho elementi nuovi che vorrei portare ai magistrati».







Nel tinello di casa, polo Lacoste blu, più magro del solito, l’ex presidente della Regione si professa innocente. «Dico ai veneti: il loro presidente non ha preso una lira. Non c’è un solo atto o delibera che siano stati modificati per qualche convenienza». Per questo si dice ancora più arrabbiato di quando lo portarono in carcere. «Non c’è uno che dica di avermi dato i soldi. E io l’unico processato. Tanto gli altri processi aperti li faranno andare in prescrizione...»

Racconta del carcere usato come strumento di pressione. «Se fossi stato agli arresti domiciliari non avrei patteggiato. A un certo punto mi hanno detto che sarei potuto passare al giudizio immediato con sentenza da scontare subito in carcere e non uscire più. Ma nel patteggiamento c’è scritto che io non riconosco nessuna delle accuse. Il patteggiamento non è un’ammissione di colpa».

Ma come ha fatto a ridursi in povertà? «Chiaro che uno che nel periodo peggiore era abituato a prendere 12mila euro al mese ora che ne prende metà fa fatica a vivere» spiega.







Poi il discorso scivola su Berlusconi. «Lo aspetto, non può non aiutarmi. E sono convinto che non mi lascerà solo. Non sono un parlamentare qualsiasi. Con lui abbiamo fatto 30 anni straordinari in politica e nelle aziende». Quelle a cui potrebbe ritornare. «In fondo sono, nel mio partito, quello con il titolo di studio più alto».


Di politica non ne vuol parlare, dice. Ma dura un secondo. «Forza Italia? È già morta. Ma verrà qualcuno che rappresenterà questa parte». E Il disastro Pd alle regionali? «Hanno tentato di imitare la Serracchiani ma non era solo il vestito da ferrotranviere che non andava». E il Veneto, il mitico Nordest? «Ecco, esiste ancora il Nordest? Quello del Passante, del rigassificatore, della sanità modello? Vedo un Paese morto, senza sogni e speranze e che sfrutta male le poche opportunità che ha, il turismo e la cultura. Colpa della solita mentalità, quella che fa nascondere agli imprenditori nel comune vicino la Ferrari. No, non andrò più a votare». Però Galan resta ancora in parlamento. «Dimettermi? E perché?» Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino