Razzia di pneumatici: ladro incastrato dopo 12 anni dalle feci lasciate sul posto

Le analisi dei Ris
OCCHIOBELLO - Quando scappa, scappa. Ma può succedere di venire smascherati proprio a causa delle proprie feci. È accaduto a un 35enne di origini pugliesi che dopo...

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OCCHIOBELLO - Quando scappa, scappa. Ma può succedere di venire smascherati proprio a causa delle proprie feci. È accaduto a un 35enne di origini pugliesi che dopo un grosso furto l'aveva fatta franca, venendo però poi beccato proprio per quel bisognoche aveva lasciato sul posto. Una storia curiosa e che fa quasi sorridere pensando alla materia. Perché di quello, alla fine, si tratta. E se nel mondo dello spettacolo il termine è beneaugurale, mentre un adagio popolare recita che pestarne una porti bene, quello che è emerso con chiarezza in questo caso è che farla durante un furto porta malissimo. Il furto in questione risale a oltre 12 anni fa quando, il 3 dicembre del 2009, era stato preso di mira il capannone della Ricostruzione pneumatici Polesana di Occhiobello. Nottetempo i ladri, praticando un foro in un muro erano riusciti a intrufolarsi all'interno e di fare razzia di pneumatici, portandone via decine di ogni marca, dimensione e modello, per un valore complessivo stimato in oltre 33mila euro.

BOTTINO 33MILA EURO
Nonostante l'azione articolata, i ladri erano riusciti a fuggire e a far perdere le proprie tracce, senza lasciare agli inquirenti alcunché che potesse permettere di arrivare a loro. A parte gli escrementi, circondati da alcuni fazzoletti di carta, che i carabinieri avevano comunque provveduto a repertare, inviando anche un campione al Ris per l'estrazione del Dna. Ma senza trovare riscontri. E il furto era quindi rimasto a carico di ignoti e archiviato. Fino a quando, grazie all'attivazione nel 2016 della Banca dati del Dna che prevede l'archiviazione dei profili genetici di tutti gli arrestati, un arresto nel Foggiano con la conseguente esecuzione del tampone salivare non ha fatto emergere un riscontro


con il Dna di quanto era stato trovato all'esterno del capannone svaligiato. Il fascicolo è stato così riaperto e, seguendo questa pista i carabinieri, hanno rapidamente stretto il cerchio intorno a Vincenzo Detto, che si è poi ritrovato a giudizio. E giovedì il processo di primo grado si è concluso con il giudice Silvia Varotto che ha riconosciuto il 35enne di Cerignola colpevole di furto aggravato in concorso e condannato a una pena di 3 anni di reclusione. La difesa, con gli avvocati di fiducia dell'imputato che si sono affidati alla collaborazione a Rovigo dell'avvocato Sebastiano Casolino, ha puntato molto sul fatto che il procedimento era stato aperto contro ignoti e tale era rimasto anche nel momento di formazione delle prove dal punto di vista tecnico, con gli accertamenti che erano stati eseguiti senza che la difesa stessa potesse partecipare con un proprio consulente. Un'argomentazione che verrà riproposta anche in appello, visto che è già stata subito preannunciata l'impugnazione della sentenza.
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Il Gazzettino