OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
TREVISO - Più di 350 profili social rubati agli utenti trevigiani negli ultimi due mesi. Che sommati ai quasi 5mila dei sei mesi precedenti restituiscono un quadro allarmante delle insidie del web. Già, perché in ballo non c’è soltanto la seccatura di non riuscire più ad accedere, di punto in bianco, al proprio account. Ma potenziali guai ben più gravi. In un caso su dieci i profili trafugati diventano canali attraverso cui riversare in rete materiale pedopornografico. Così decine di trevigiani finiscono a loro insaputa nella lista nera dei sospetti pedofili. Anche in provincia di Treviso, come nel resto d’Italia, il fenomeno dei furti di profili social continua a imperversare: Instagram al primo posto e a seguire Facebook e TikTok.
LE SEGNALAZIONI
Agli uffici di polizia continuano ad arrivare segnalazioni, nell’ordine di 4-5 ogni giorno. Si tratta di utenti preoccupati perché non riescono più ad accedere al proprio profilo. Ogni account social hackerato può trasformarsi in un’esca per altri furti di identità, in un passepartout per accedere a informazioni sensibili come i codici bancomat o, nel peggiore dei casi in un canale su cui far viaggiare contenuti pedopornografici. Per questo il consiglio delle forze dell’ordine è di segnalare questi furti alla polizia postale. Il meccanismo collaudato dai truffatori è semplice.
FOTO PROIBITE
In questo caso le piattaforme social, il cui algoritmo riconosce e censura i contenuti illeciti, chiudono il profilo incriminato e lo segnalano alle autorità. A questo punto entra in gioco la polizia postale, che effettua un controllo incrociato confrontando due elenchi: quello dei sospetti pedofili e quello degli utenti derubati del profilo. Se il malcapitato infatti aveva denunciato il furto, viene depennato con facilità dalla lista dei sospettati. In caso contrario scattano ulteriori accertamenti, fino ad arrivare alle perquisizioni sui supporti informatici, alla ricerca del materiale a luci rosse. Ed è così che più di qualche trevigiano si è ritrovato indagato e con i poliziotti alla porta.
Leggi l'articolo completo suIl Gazzettino