Padova. Stop ai fuochi d'artificio in molti comuni, i produttori: «Il no dei sindaci è un grave danno per il settore»

PADOVA - È un no all'unisono quello ai botti e agli spettacoli pirotecnici di Capodanno, ma c'è anche chi esce dal coro. Se numerosi comuni, associazioni...

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PADOVA - È un no all'unisono quello ai botti e agli spettacoli pirotecnici di Capodanno, ma c'è anche chi esce dal coro. Se numerosi comuni, associazioni ambientaliste e amici degli animali, ciascuno per le proprie ragioni, hanno deciso di abbandonare i festeggiamenti più rumorosi ed inquinanti, a sottoporre il suo punto di vista in netto contrasto alle recenti ordinanze è l'Associazione Nazionale Imprese del Settore Pirotecnico. «L'abuso da parte dei Comuni nell'adozione di ordinanze con lo scopo di limitare l'accensione di fuochi artificiali, ben oltre i limiti stabiliti dalle leggi in materia, provoca gravi danni al mercato con importanti ripercussioni economiche per gli operatori del settore», accusa la presidente dell'Anisp, Clara Dalzini, in una lettera inviata dall'avvocato Elio Guarnieri a tanti sindaci di Padova e provincia.

LA POSIZIONE

«L'arrivo delle festività induce alcuni enti comunali ad utilizzare ordinanze contingibili ed urgenti per vietare l'accensione di fuochi artificiali nei territori di propria competenza. Tale mezzo in possesso dei sindaci nasce con lo scopo di fronteggiare emergenze per situazioni di urgenza ed eccezionalità, non altrimenti risolvibili, che presuppongano pericoli». Se i botti di Capodanno possono essere molto pericolosi per l'uomo, con oltre 3mila feriti e 6 morti contati dalla Società italiana di medicina ambientale dal 2012 a oggi in tutta Italia, a comuni come Padova, Albignasego, Montegrotto Terme, che hanno pubblicato le ordinanze relative alla notte di San Silvestro, l'Anisp ricorda i distinguo legati alla propria attività. «Gli incidenti che purtroppo si verificano annualmente sono dovuti a tipologie di articoli illegali o di prodotti non destinati ai consumatori finali, con la conseguenza che un divieto generalizzato alla vendita di fuochi d'artificio, andrebbe inevitabilmente a limitare solo quelli legali forniti di marcatura Ce e non certo quelli illegali, che trarrebbero un ovvio vantaggio da tale divieto guadagnando quote di mercato. Infatti, gli appassionati si rivolgerebbero al mercato illegale acquistando prodotti meno sicuri perché costruiti senza alcuna regola o controlli di qualità e soprattutto senza rispettare le limitazioni quantitative e costruttive che impone la marcatura. Inoltre, la scarsa disponibilità di fuochi d'artificio incrementerebbe inevitabilmente il maggior utilizzo di armi da fuoco, responsabili di incidenti più gravi. Il risultato comporterebbe un incremento di infortuni con maggiore gravità degli esiti, ottenendo un effetto contrario a quello atteso, oltre ad un gravissimo ulteriore danno economico a carico degli operatori del settore».

L'ALLARME

Nessun riferimento al vero allarme di questi giorni, l'inquinamento atmosferico, che impone livello di allerta rosso e misure per il contenimento legate ai dati di concentrazione di Pm10 secondo le valutazioni di Arpav. Il limite è per le combustioni all'aperto, come i falò tipici dell'Epifania, e per i fuochi d'artificio. Capitolo a parte quello legato alle persone più deboli, con patologie specifiche, o agli animali che mal sopportano il fragore e le illuminazioni improvvise, spesso messi in fuga dagli spari, al punto da diventare anche potenziali pericoli per se stessi e per la collettività. 

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Il Gazzettino