Rombo di moto per l'addio a Stefano: in 600 al campetto dei Canossiani che lo vide crescere

Gli amici biker sono arrivati in moto per l'ultimo saluto a Stefano
ADRIA - Sono state accolte dalla musica delle chitarre, suonate dai ragazzi del Patronato, le centinaia di persone (almeno 600) che si sono incontrate, ieri pomeriggio, nel...

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ADRIA - Sono state accolte dalla musica delle chitarre, suonate dai ragazzi del Patronato, le centinaia di persone (almeno 600) che si sono incontrate, ieri pomeriggio, nel campo sportivo dei padri Canossiani per l'addio a Stefano Trovò. Quel campo dove, hanno ricordato i genitori in una lettera d'addio, rivolta proprio al figlio «hai corso, hai giocato, sei cresciuto». E quando la bara bianca, a bordo del carro funebre, è uscita dai recinti del Patronato, è stato il rombo delle moto degli amici bikers a salutare lui: tutti con la maglietta Brapper, il social network dei motociclisti, con numero e nickname stampato sulla schiena.


SILENZIO TESO
Per tutta la sua durata, a parte qualche intermezzo con le chitarre, il funerale si è svolto nel silenzio teso, ma composto, dei moltissimi giovani, degli amici, degli adulti che hanno voluto essere vicini, nel giorno più triste, a mamma Paola, papà Fabiano e al fratello Sandro. A celebrarlo, insieme all'arciprete don Andrea Rosada, parroco del Duomo, il vescovo, monsignor Adriano Tessarollo che «ha accolto subito l'invito che gli abbiamo rivolto», e altri otto religiosi. Una cerimonia, ha detto il vescovo, nello stesso tempo «di addio e di arrivederci», un addio, dal punto di vista umano, «a persone, relazioni e progetti»; un arrivederci, dal punto di vista dei credenti, per un futuro incontro in Cielo da dove «forse, ci stai guardando».

AMICIZIA E CORDIALITÀ
Di Stefano il vescovo ha ricordato «il fortissimo senso dell'amicizia e la cordialità spontanea» che lo portava a stringere relazioni con tutti, ma anche quel momento tragico, che «forse voleva essere di gioia» in cui il ragazzo, appena ventenne, ha «sperimentato la fragilità della condizione umana». Un riferimento all'incidente, avvenuto venerdì sera, nel quale, a causa dopo un'impennata della moto, Stefano ha perso il controllo e si è schiantato sulla strada, morendo sul colpo. La moto era una passione che coltivava fin da ragazzino: a 16 anni aveva preso il suo primo 125 e la Suzuki Motard 450 sulla quale viaggiava quella sera, era la sua terza moto, il suo principale mezzo, non tanto di trasporto, ma di amicizia, emozione e socialità. Al termine della cerimonia, nessun amico di Stefano è salito sul palco a ricordare i momenti passati insieme, nessuno ha rivolto ai tanti ragazzi presenti un invito, forse scontato, alla prudenza sulle strade. È stata letta, però, da uno dei religiosi, la breve lettera d'addio che i genitori hanno voluto scrivere a Stefano. «Ciao Stefano, mio piccolo, grande amore. E' difficile separarsi da te che ora sei accanto a Gesù. Siamo orgogliosi di te, di quello che hai realizzato nella vita scolastica e nel lavoro».

GENITORI ORGOGLIOSI

Il ragazzo, infatti, da circa un anno, aveva cominciato a impostare la propria vita, con i passi che l'avrebbero portato all'età adulta e alla consapevolezza che questa comporta: il diploma da geometra, come il padre, l'impiego in un'azienda padovana, la fidanzatina e la moto nuova. Un misto di sogni e responsabilità, finito con uno schianto sull'asfalto. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino