Gomito e femore fratturati alla sala Bingo, risarcimento da 370 mila euro agli eredi

MESTRE La sala Bingo di via Pepe
MESTRE - L’usciere della sala Bingo le aveva chiuso la porta in faccia e l’aveva fatta cadere, provocandole la frattura di un gomito e del femore. A distanza di...

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MESTRE - L’usciere della sala Bingo le aveva chiuso la porta in faccia e l’aveva fatta cadere, provocandole la frattura di un gomito e del femore. A distanza di 14 anni, il tribunale civile di Venezia, ha stabilito con una sentenza firmata dal giudice Roberto Simone un maxi risarcimento da 370mila euro. La vicenda, infatti, risale al 24 febbraio 2009. La donna, mestrina di 79 anni all’epoca dei fatti, quella sera era nell’atrio della sala Bingo di via Pepe a Mestre. L’usciere, che non si era accorto di lei, aveva aperto con violenza la porta travolgendo così l’anziana e facendola cadere rovinosamente a terra. L’uomo, imputato per lesioni colpose davanti al giudice di Pace, era stato condannato a una pena di 600 euro di multa. La donna e la sua famiglia, però, si erano rivolti allo studio legale Simonetti di Mestre per chiedere un risarcimento anche in sede civile. L’anziana era deceduta nel 2017, ma i figli avevano voluto portare avanti la causa, convinti che quell’incidente avesse condizionato la vita della donna negli ultimi otto anni di vita. Il consulente medico legale aveva concluso che le lesioni riportate dalla donna avevano determinato un danno biologico temporaneo totale di tre mesi e un danno biologico permanente tra il 30 e il 40%. Inoltre, dopo l’episodio, era stato necessario assistere la donna che non era più stata in grado di essere totalmente autosufficiente, nè di fare lavori domestici o «compiere atti più comuni del vivere quotidiano». Prima dell’incidente la donna viveva in una casa al terzo piano, senza ascensore, era attiva e autosufficiente e, scrive il giudice, «godeva della propria vita sociale e lavorativa svolgendo l’attività di cuoca presso un esercizio commerciale a Venezia e di casalinga».

LUCRO CESSANTE

La figlia inoltre ha reclamato il risarcimento da “lucro cessante”: la madre, infatti, aveva dovuto abbandonare la propria casa per andare a vivere da lei, la quale, per potersi occupare dell’anziana, era stata costretta a licenziarsi dal lavoro. La società gestrice della sala Bingo, la Cirsa Retail Srl, si era opposta alle richieste di risarcimento sostenendo che, di fatto, quell’usciere non aveva alcun rapporto di dipendenza lavorativa. Ed era iniziato, nel 2019, un nuovo processo. Il giudice ha accolto la tesi che per attribuire la responsabilità dei padroni e dei committenti non è necessario che il lavoratore sia inquadrato e alle dipendenze della società presso cui sta prestando in concreto la propria attività lavorativa, essendo sufficiente che la società tragga beneficio dall’attività lavorativa svolta nello specifico dal soggetto responsabile.


Il giudice ha quindi accolto le richieste degli avvocati dello studio Simonetti e liquidato, in favore dei figli della donna, il danno morale, nonostante l’età l’inabilità temporanea da casalinga (15.396,74 euro), oltre alla inabilità lavorativa specifica come casalinga (51.487,05 euro): in totale, 254mila euro. A questi si devono aggiungere gli interessi accumulati nei quattro anni di processo: il gidice ha deciso di applicare a questa obbligazione di risarcimento il tasso di interesse che si usa per le transazioni commerciali, 10.5%. Quindi, il conto finale è salito a 344.402,32 euro, più 25.986 euro di spese legali.
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Il Gazzettino