Fonderie rifornite dall'Ucraina, si teme lo stop lungo: alla Zml in cassa integrazione 230 dipendenti su 450

Fonderie Zml di Maniago
MANIAGO - Dopo la comunicazione improvvisa di venerdì da parte del vertice aziendale alla Zml Industries di Maniago la preoccupazione dei lavoratori per il prossimo futuro...

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MANIAGO - Dopo la comunicazione improvvisa di venerdì da parte del vertice aziendale alla Zml Industries di Maniago la preoccupazione dei lavoratori per il prossimo futuro è tanta. Lo spegnimento degli impianti della fonderia del reparto in cui si lavora la ghisa, a causa della mancanza di alcuni materiali fondamentali come il silicio e il carbon coke che arrivano in particolare dall'Ucraina, potrebbe infatti perdurare per un periodo più lungo rispetto alla settimana che è già stata preventivata dalla direzione aziendale in accordo con le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici per l'utilizzo della cassa integrazione straordinaria. Se, infatti, la situazione sempre più grave della guerra in Ucraina dovesse proseguire sarà necessario cercare un nuovo canale di fornitura per quel tipo di materiali. Ma - come hanno precisato ieri fonti sindacali - l'alternativa sarebbe da ricercare in Brasile o in altri Paesi del Sud America. Con tempi e costi decisamente superiori. A preoccupare molto le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil e i lavoratori sono proprio i tempi. «Da quello che si capisce - sottolinea Ezio Tesan, segretario regionale della Uilm - ma la situazione è ancora molto fluida e circondata da troppe incertezze, potrebbe volerci anche qualche mese. Insomma, la speranza è che vi sia una tregua nel conflitto in corso altrimenti il rischio è davvero grande. In ogni caso, anche se la situazione della crisi ucraina dovesse in qualche modo rientrate, la ripresa produttiva non potrà essere certo immediata».

PORTI E FABBRICHE

Ripristinare la filiera e la logistica - vista la situazione con stabilimenti e porti sotto le bombe - per tornare ad avere le merci a disposizione non è certo una cosa che si fa in pochi giorni. Ma c'è un altro grande interrogativo che preoccupa gli oltre 450 dipendenti della Zml di Maniago, la società del Gruppo Cividale che da domani mattina rallenterà la produzione spegnendo gli altiforni del reparto ghisa. È la questione dei prezzi ormai insostenibili dell'energia. Di questo si è anche parlato nel veloce summit di venerdì scorso, quando l'azienda ha comunicato lo stop produttivo del reparto ghisa, tra direzione aziendale e organizzazioni sindacali. I costi per un'azienda energivora come la storica metallurgica di Maniago rischiano di portare a una produzione in perdita. E dunque alla ricerca delle possibili soluzioni alternative. Per dare un'idea di quanto i costi siano lievitati il sindacato fa alcuni esempi. «Nel 2019 - sottolinea Tesan - il costo era di circa 60, 70 euro per megawatt/ora. L'anno scorso, in vista degli aumenti che si paventavano, il budget era stato portato a 175 euro per megawatt/ora. Il costo reale nell'ultimo periodo è di ben 380 euro per megawatt/ora. Il che significa, nell'ipotesi in cui la fabbrica dovesse girare a pieno regime cosa oggi comunque impossibile vista la situazione di mancanza delle materie prime da Ucraina e Russia, ci sarebbe una spesa per l'energia elettrica di oltre un milione di euro al mese in più rispetto all'anno scorso».


Intanto già da domani mattina i primi quaranta addetti del reparto ghisa saranno a casa in cassa integrazione. Il provvedimento riguarda comunque tutti i 230 lavoratori del reparto. A metà settimana probabilmente si dovrà fermare un altri gruppo di lavoratori fino ad arrivare al numero per cui la cassa è prevista. «Ma un rallentamento - come informa Giovanni Dalla Libera, Fim Cisl - potrebbe riguardare nei prossimi giorni anche alcuni addetti del reparto alluminio. Quindi il numero è destinato a crescere». Ma il sindacato non nasconde le preoccupazioni anche su altri possibili rallentamenti e stop produttivi. «Tutta la filiera dell'acciaio e in particolare le fonderie sono toccate dal problema della mancanza di materiale e quindi l'autonomia produttiva, se non ci saranno cambi di scenario, è destinata a esaurirsi nelle prossime settimane».
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Il Gazzettino