Rivolte all'ex Serena, il prefetto: «Sono spine nel fianco, ai ribelli verrà revocata l'accoglienza»

Il prefetto di Treviso Maria Rosaria Laganà deciso a revocare l'accoglienza ai facinorosi
TREVISO - Il prefetto non nasconde le difficoltà e definisce alcuni ospiti della Serena «spine nel fianco». Sono gli stessi che in questi giorni faticano ad...

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TREVISO - Il prefetto non nasconde le difficoltà e definisce alcuni ospiti della Serena «spine nel fianco». Sono gli stessi che in questi giorni faticano ad accettare la quarantena e, in alcuni casi, avrebbero violato l'isolamento dal resto degli ospiti fino all'episodio, registrato giovedì sera, 30 luglio, dei vandalismi ai danni dell'ambulatorio infermeria della struttura, in cui alcuni migranti, sembra gli stessi che capeggiarono la rivolta di un mese fa, hanno distrutto brandine, divelto scaffali e scagliato a terra un pc utilizzato dagli operatori sanitari della struttura. Per fortuna l'episodio è stato sporadico e non vi è stata alcuna escalation simile a quella che lo scorso giugno aveva costretto le unità antisommossa ad entrare nella guardiola della struttura per liberare alcuni operatori sanitari che, per paura di essere aggrediti, si erano barricati in una stanza.

Per quei fatti la Procura ha aperto un fascicolo d'inchiesta sulla base delle indagini effettuati dagli uomini della Digos, che hanno identificato i principali responsabili dei disordini. Al momento, però, non sono state formalizzate denunce nei confronti dei principali protagonisti della protesta, una decina in tutto, né è stata revocata loro l'accoglienza.
«Le revoche sono pronte, stiamo aspettando la magistratura, che deve concludere le indagini. Perché allontanare certi soggetti, significherebbe anche non poterli più rintracciare» spiega Laganà. Due di loro, però, si sarebbero già allontanati spontaneamente dalla struttura (prima della quarantena). «In questo momento, ovviamente, ci sono difficoltà nello spostamento delle persone - aggiunge il prefetto -, compresi quei facinorosi che stanno mettendo a dura prova la pazienza di tutti. L'altra sera un migrante ha distrutto l'infermeria, ma la cosa è rientrata senza ulteriori strascichi».

L'ISOLAMENTO
Quanto alle difficoltà che sarebbero emerse sull'isolamento di alcuni dei 133 ospiti risultati positivi, che hanno dovuto lasciare i loro alloggi per essere spostati in un edificio a parte precedentemente sanificato, il prefetto afferma: «È chiaro che se il contagio si diffonde ancora di più all'interno della caserma i tempi per la riapertura, di conseguenza, si allungheranno ulteriormente, anche se nel frattempo alcuni soggetti potrebbero già negativizzarsi. Ma non possiamo militarizzare internamente la caserma, che è già in quarantena e dalla quale di fatto non può uscire nessuno». Il prefetto Laganà interviene anche sulla possibilità di istituire una zona rossa, come paventato in via preliminare dalla Regione, sull'esempio di quanto fatto a Udine. «Non si è fatto per molti altri focolai, ad esempio per la geriatria del Ca' Foncello, e di fatto, considerando la Serena, si tratta già di un'enclave completamente chiusa. La zona rossa comporterebbe solo differenze dal punto di vista sanzionatorio, ma per il momento, dal punto di vista formale, nessuno ha avanzato questa richiesta». 

IL SIT IN

Intanto ieri pomeriggio, venerdì 31 luglio, una delegazione composta dal segretario regionale del sindacato di polizia Sap, Fabio Ballestriero, e il segretario provinciale Maurizio Casagrande, si sono presentati alle porte della caserma Serena, presidiata notte e giorno dalle pattuglie della polizia e dei carabinieri per impedire a chiunque di violare la quarantena. «È chiaro che ciò sottrae in maniere preoccupante risorse umane, per altro già scarse, a varie importanti attività di polizia come il controllo del territorio o le attività di polizia giudiziaria di Treviso, debilitando servizi ritenuti importanti e prioritari per la comunità - ha detto Ballestriero -. D'altra parte lo status giuridico dei migranti residenti nei centri di accoglienza non consentirebbe il trattenimento coatto e pertanto se dovessero allontanarsi, ciò porrebbe inquietanti interrogativi sulle regole di ingaggio che il poliziotto deve rispettare dovesse imbattersi in un fuggiasco: trattenerlo rischiando l'imputazione per sequestro di persona e rischiando il contagio perchè sospetto positivo da Covid 19». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino