PORDENONE Filmò una bambina sotto le lenzuola, mentre dormiva, e ne ricavò 56 video a sfondo sessuale. Era il settembre del 2016. Qualche tempo dopo fu sottoposto a...
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Difeso dall’avvocato Ennio Maria Carrozzini, ieri l’imputato è stato condannato a Pordenone dal collegio presieduto da giudice Eugenio Pergola (a latere Iuri De Biasi e Milena Granata) a 4 anni 3 mesi e 17mila euro di multa, a cui si aggiungono le pene interdittive previste in questi casi. È stato assolto, con formula dubitativa, dall’accusa di detenzione di 58 immagini di minorenni in pose sessuali trovate nel suo computer, perchè al processo non è stato possibile stabilire se le avesse scaricate volontariamente da internet. Lui ha sempre negato la circostanza e i consulenti della difesa hanno contraddetto le perizie della Procura. In ogni caso le foto erano state esaminate dalla polizia giudiziaria senza prima effettuare la copia forense del materiale informatico.
L’ACCUSA
A seguire le indagini era stata la Dda di Trieste. A Pordenone, per competenza, si è celebrato il processo. Ieri il sostituto procuratore Andrea Del Missier aveva concluso per una condanna a 5 anni e 20mila euro di reclusione, riconoscendo le generiche ma non il vizio parziale di mente. Anche il Pm aveva chiesto l’assoluzione per la detenzione delle foto pedopornografiche. «Siamo riusciti a ottenere le generiche - spiega l’avvocato Carrozzini - e il riconoscimento del vizio parziale di mente, oltre alla configurazione dell’accusa più grave, la violenza sessuale, nella forma della minore entità, che prevede una diminuzione fino a due terzi della pena, che altrimenti va dai 6 ai 12 anni».
I FATTI
La bambina si trovava in Friuli con la madre. Erano parenti della compagna dell’imputato, che le aveva ospitate a casa sua. Un giorno, rimasto momentaneamente solo con la minore, approfittò per filmarla mentre dormiva, spostando lenzuola e pigiama senza svegliarla. Un unico episodio, da cui ricavò i 56 video trovati qualche mese dopo dalla polizia durante una perquisizione. Il 60enne era stato rinviato a giudizio dal Gup di Trieste: al processo la madre della vittima non si è costituita parte civile. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino