«Guardava film porno col figlioletto ma non c'è prova di abusi sessuali»

«Guardava film porno col figlioletto ma non c'è prova di abusi sessuali»
VILLAFRANCA - Farà discutere la sentenza con cui il 3 novembre scorso il Tribunale di Padova (presidente Alessandro Apostoli Cappello) ha assolto dall’accusa di pedofilia un...

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VILLAFRANCA - Farà discutere la sentenza con cui il 3 novembre scorso il Tribunale di Padova (presidente Alessandro Apostoli Cappello) ha assolto dall’accusa di pedofilia un quarantatreenne padovano, magazziniere in un supermercato. Nelle motivazioni del verdetto che ha scagionato l’imputato con la formula della vecchia insufficienza di prove il collegio concentra la propria analisi sul senso della denuncia da cui è partita l’intera inchiesta.




Il riferimento è alla prima rivelazione del piccolo, risalente alla primavera 2008, quando non aveva ancora cinque anni. Il minore racconta alla madre che il papà gli «coccolava» i genitali. «Il collegio - recita la sentenza - ritiene che sia suscettibile di diverse interpretazioni e lasci spazio anche a spiegazioni alternative che non rivestono rilievo penale: potrebbe essere riferita a effusioni o scherzi tra padre e figlio, magari inopportune, ma non per questo integranti un abuso penalmente rilevante». A far propendere il tribunale per quest’ipotesi sono due differenti aspetti: un racconto che solo nel tempo si arricchisce e acquista a distanza di anni un’univoca caratterizzazione in termini di abuso sessuale, l’elevata conflittualità del contesto in cui si colloca la vicenda, ed in particolare i rapporti tesi all’interno del nucleo familiare del padre.



«Questo clima esasperatamente conflittuale - scrivono i giudici - può aver influito sul bambino spingendolo a schierarsi con la madre, con la quale ha un rapporto di attaccamento molto forte e nei confronti della quale, a detta di operatori e psicologhe che lo hanno esaminato, un conflitto di lealtà». Quelle che il bambino racconta - prima in maniera ambigua e scarna, poi con maggiori dettagli - potrebbero in realtà configurarsi per il tribunale come delle comuni percosse: «Il blocco emotivo nei confronti del padre può essere spiegato anche come reazione a condotte fisicamente violente e maltrattanti, non necessariamente connotate da caratterizzazioni sessuali».



E ancora: «Quanto ai comportamenti erotizzati incongrui evidenziati nel minore possono ricorrere in situazioni familiari degradate e poco edificanti, essendo emerso pacificamente che l’imputato aveva l’abitudine di visionare film pornografici alla presenza dei bambini di casa e che la nonna lo lasciava giocare con il suo seno». Un processo di non facile lettura che vivrà sicuramente il secondo atto in Corte d’Appello. Scontata l’impugnazione del pm che aveva sollecitato una pena di nove anni di reclusione. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino