Controlli interrotti, il feto morì. La Procura: «Errore sanitario». Chiesti otto mesi per ginecologo e ostretica

Controlli interrotti, il feto morì. La Procura: «Errore sanitario». Chiesti otto mesi per ginecologo e ostretica
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CHIOGGIA/CORREZZOLA - Il monitoraggio del feto fu interrotto nonostante i dati non fossero conformi. E quando fu ripreso, ormai era troppo tardi. Secondo la Procura di Venezia è stato un errore sanitario quello costato la vita ad un bimbo in procinto di nascere il 31 agosto del 2016 all'ospedale di Chioggia.


CHIOGGIA/CORREZZOLA - Il sostituto procuratore di Venezia, Giorgio Gava, ha concluso così la sua requisitoria, chiedendo la condanna ad otto mesi ciascuno del ginecologo Sergio Porto e dell'ostetrica Marilisa Bonaldo, finiti sotto processo con l'accusa di procurato aborto. L'udienza, celebrata di fronte al giudice Sonia Bello, è stata quindi rinviata al prossimo 28 giugno per le arringhe della difesa e del legale dei genitori del nascituro, costituiti parte civile con l'avvocato Giuseppe Pavan, con l'obiettivo di ottenere il risarcimento del grave danno sofferto. Secondo i consulenti medico legali della Procura, i dottori Silvia Tambuscio e Alessandra Zambon, sarebbe stato sufficiente dar corso al cesareo mezz'ora prima e in questo modo si sarebbe potuto salvare il bambino.


IL RICOVERO

La madre, una trentanovenne residente a Correzzola, si era presentata al Pronto soccorso attorno all'una di notte lamentando alcuni problemi. Dopo due episodi brachicardici, con sbalzo di battiti del feto, poi rientrati nella normalità, il monitoraggio fu sospeso alle 3.30 di notte per poi riprendere 6.14 e mostrare un preoccupante aumento dei battiti, circostanza che indusse il medico a disporre l'intervento chirurgico. Ma ormai era troppo tardi.


Dalla relazione dei medici legali è emerso che attorno alle 5 la donna era stata male, lamentando forti dolori: secondo i consulenti della Procura si sarebbe dovuto attivare il tracciato fin da quel momento per poter intervenire tempestivamente. Nel corso del processo la difesa, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Carinci e Luigi Garofalo si è battuta per dimostrare che non vi prova del fatto che un monitoraggio costante avrebbe evidenziato la sofferenza e per questo il 28 giugno chiederà l'assoluzione.
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Il Gazzettino