Uccise la compagna con 19 coltellate, chiesto l'ergastolo per l'infermiere Giuseppe Mario Forciniti

Aurelia Laurenti
UDINE - Una condanna all'ergastolo è stata chiesta dal pubblico ministero Federico Facchin per Giuseppe Mario Forciniti, 34 anni, l’infermiere calabrese...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

UDINE - Una condanna all'ergastolo è stata chiesta dal pubblico ministero Federico Facchin per Giuseppe Mario Forciniti, 34 anni, l’infermiere calabrese originario di Rossano Calabro a processo per l’omicidio aggravato di Aurelia Laurenti, 32 anni, compagna e madre dei loro due figli. Le conclusione sono giunte nella tarda mattinata di oggi, mercoledì 20 aprile, in Corte d'assise a Udine,  dopo oltre un'ora e mezza di requisitoria, durante la quale ha parlato di un «omicidio selvaggio, quasi rituale» e definito inattendibile la ricostruzione fornita da Forciniti, che ha sempre sostenuto che il coltello, 17 centimetri di lama, lo aveva la compagna e di aver avuto un black out dopo la prima coltellata. Secondo il pm, Forciniti era «lucido», «freddo» e l’«accanimento con cui l’ha colpita alla testa e al volto» confermerebbe la volontà di ucciderla.

A innescare il femminicidio del 25 novembre 2020, a Roveredo in Piano, è stata una foto di famiglia pubblicata su Instagram da Forciniti. Aurelia, che avrebbe voluto lasciarlo o comunque archiviare la vita di coppia restando amici per il bene dei bambini, non aveva tollerato quell’immagine felice che come didascalia aveva “Semplicemente noi”. La lite, cominciata nel tardo pomeriggio, verso le 23.30 è finita in tragedia. Aurelia è stata uccisa con 19 coltellate nella camera da letto matrimoniale, dove il figlio più piccolo dormiva nel lettone, il maggiore, appena otto anni, era nella stanza accanto. Dopo aver tolto la vita alla compagna, Forciniti ha portato i bambini da una zia a Pordenone. È tornato a Roveredo in Piano, ha gettato il coltello in un cassonetto per rifiuti e poi è andato in Questura. Dopo aver tentato con i poliziotti la messinscena di un furto in casa, si è costituito.

La discussione è proseguita con l'avvocato Antonio Malattia, che rappresenta la parte civile. Il legale ha puntato sull'inattendibilità di Forciniti e sulle tensioni familiari: "Ha rinchiuso Aurelia in una gabbia trasformandola nella più opprimente delle prigioni". Ha dipinto Forciniti come un uomo ossessivo e geloso, che molestava la compagna e la costringeva a subire atti persecutori. Ha concluso chiedendo un risarcimento di 1,2 milioni per ciascuno dei figli, di 600mila euro per il padre e altrettanti per la madre della vittima, infine, 300mila per il fratello.

Il processo è alle battute finali con l'arringa dell'avvocato Ernesto De Toni, difensore di Forciniti.

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino