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TREVISO - «È un bravo ragazzo, non meritava di andare in galera e ho deciso di aiutarlo». Inizia dalla fine la storia che lega, e che forse legherà per sempre, l'imprenditore trevigiano Paolo Fassa, l'80enne patron dell'azienda leader dei calcestruzzi Fassa Bortolo, e Alex Pompa, il 20enne di Collegno, in provincia di Torino, che il 30 aprile 2020 uccise il padre Giuseppe, operaio di 52 anni, con 34 coltellate vibrate con 6 diversi coltelli da cucina durante una delle tante liti con la moglie, e che ieri è stato assolto con formula piena dalla Corte d'Assise del tribunale di Torino. «Il fatto non costituisce reato» hanno stabilito i due giudici togati e i sei popolari, quindi Alex ha agito per legittima difesa, per proteggere dal genitore la madre Maria e il fratello Loris. E in aula, ad ascoltare la lettura del dispositivo, c'era anche Paolo Fassa. «Ce l'abbiamo fatta» ha commentato l'imprenditore trevigiano, visibilmente commosso e soddisfatto.
Uccise il padre: assolto Alex Pompa
La vicenda, all'epoca, era finita su tutti i giornali.
Spese legali pagate dall'imprenditore veneto
Paolo Fassa, a quel punto, ha chiesto aiuto a Giovanni Schiavon, l'ex presidente del tribunale di Treviso: «Siamo amici da tanto tempo, l'ho chiamato per chiedergli di informarsi su un buon penalista a Torino. Ed è venuto fuori il nome di Claudio Strata. L'ho contattato chiedendogli di difendere Alex e che mi sarei occupato io delle spese». Era il 6 maggio 2020. Da lì è iniziata l'amicizia tra Paolo Fassa a Alex Pompa. «Sì, siamo diventati amici, e sono contento che sia stato assolto. È stata fatta giustizia per davvero - commenta l'imprenditore - Non avevo mai fatto nulla di simile prima d'ora. Adesso lui mi dice che sono il suo angelo custode, ma non è vero. Ho solo voluto dare una mano a un ragazzo che ha tutta la vita davanti e che rischiava di compromettersela». Fassa, in aula, ha potuto ascoltare anche le minacce che Giuseppe Pompa rivolgeva alla moglie e ai figli, che nei momenti più tragici hanno auto la forze e il coraggio di registrarle con il telefonino. Prove schiaccianti sul fatto che l'operaio vessasse in continuazione la sua famiglia. «Robe da brividi - conclude Fassa - È ora che gli uomini la smettano di fare i prepotenti. Dopo aver sentito quelle minacce ho guardato i giudici popolari e, vedendo che erano in prevalenza donne, ho capito che c'era speranza per Alex. E così è stato. Dopo la maturità alberghiera adesso si è iscritto all'università. Per lui e per la sua famiglia ci sarò sempre».
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Il Gazzettino