Pillole anti Covid, in arrivo la svolta: «Via libera alla vendita da inizio anno»

La dottoressa Francesca Venturini
PADOVA - Anche se i vaccini hanno contribuito a ridurre il numero di casi gravi e di morti, la ricerca per trovare nuove terapie non si arresta. L'armamentario di farmaci in...

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PADOVA - Anche se i vaccini hanno contribuito a ridurre il numero di casi gravi e di morti, la ricerca per trovare nuove terapie non si arresta. L'armamentario di farmaci in sperimentazione per combattere il Covid comincia a essere nutrito e lo sarà sempre più a partire dal 2022. «È in arrivo la pillola antivirale per il trattamento del Covid anche a Padova, il via libera è atteso con l'inizio del nuovo anno». Lo annuncia la dottoressa Francesca Venturini, direttore della Farmacia dell'Azienda-Ospedale Università di Padova. Il reparto garantisce l'approvvigionamento, la produzione e la distribuzione di farmaci, dispositivi medici, diagnostici in vitro e del restante materiale sanitario per i pazienti di via Giustiniani.


Il Regno Unito è il primo paese al mondo ad aver dato il via libera all'uso del molnupiravir, la pillola contro il Covid prodotta da Merck. Il farmaco verrà commercializzato con il nome di Lagevrio e verrà utilizzato per il trattamento della malattia da lieve a moderata negli adulti che sono risultati positivi e che presentano almeno un fattore di rischio di sviluppare la malattia in forma grave. «Non c'è ancora una data precisa sull'arrivo della compressa antivirale - sottolinea la dottoressa Venturini - Come per tutti i farmaci che vengono immessi sul mercato, serve l'autorizzazione degli enti regolatori internazionali. Al momento molnupiravir è in revisione dall'Ema, che ha iniziato ad analizzare i dati il 25 ottobre. È stato condotto uno studio su 762 pazienti e il farmaco ha ridotto del 50% il rischio di ospedalizzazione o morte a 29 giorni. Tra i criteri d'inclusione, l'insorgenza dei sintomi entro cinque giorni e almeno un fattore di rischio».

Ma non finisce qui. È in arrivo anche paxlovid, un altro trattamento antivirale orale contro il Covid, sviluppato dal colosso farmaceutico Pfizer. Sembra in grado di ridurre il rischio di ospedalizzazione o morte dell'89% nei soggetti più vulnerabili. «Per quanto riguarda la compressa di Pfizer, attualmente sono disponibili i risultati di uno studio condotto su 1.219 pazienti aggiunge Venturini. Anche in questo caso il trattamento deve essere somministrato presto, dai tre ai cinque giorni dalla comparsa dei sintomi». Le pillole anti Covid, non ancora in commercio, si potranno assumere a domicilio.
Intanto prosegue il trattamento dei pazienti positivi con gli anticorpi monoclonali: molecole prodotte in laboratorio che agiscono bloccando l'eccessiva reazione immunitaria che spesso si sviluppa nei malati di Covid. La terapia viene somministrata mediante una infusione in endovena, in ambulatorio o durante un ricovero. «Le associazioni di più anticorpi monoclonali si sono rivelate maggiormente efficaci e vengono utilizzate anche in Azienda ospedaliera continua la dottoressa. Le molecole si legano alle coroncine della proteina spike e bloccano la replicazione del virus. Gli anticorpi monoclonali vengono proposti come trattamento, ma in futuro potrebbero essere autorizzati anche per profilassi per chi non si può vaccinare e per gli immunocompromessi».

C'è il rischio che l'arrivo di questi nuovi farmaci incoraggi teorie no vax, ma l'esperta fa chiarezza. «Un conto è prevenire il contagio e limitare gli effetti gravi con il vaccino, un altro è cercare di spegnere la malattia conclamata dichiara. È molto più rischioso ammalarsi, rispetto agli effetti collaterali rari e minimi del vaccino. E poi, i numeri parlano da soli. Se si pensa a quanti milioni di persone nel mondo hanno assunto il siero, si capisce quanto oggi conosciamo bene i vaccini. I nuovi farmaci sono stati assunti da migliaia di persone: sono comunque numeri consoni alla sperimentazione, ma sicuramente abbiamo a che fare con percentuali nettamente inferiori».
 

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Il Gazzettino