Dopo medici e infermieri, nuova emergenza: «Mancano 200 farmacisti, rischi di chiusura». La crisi parte dalle università

Una farmacia
Un nuovo allarme scuote il mondo - allargato - della sanità del Friuli Venezia Giulia. Dopo gli infermieri e i medici, tocca ai farmacisti. E di riflesso alle farmacie, che...

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Un nuovo allarme scuote il mondo - allargato - della sanità del Friuli Venezia Giulia. Dopo gli infermieri e i medici, tocca ai farmacisti. E di riflesso alle farmacie, che rischiano di chiudere più o meno per lo stesso motivo alla base del pericolo corso dagli ospedali e dagli ambulatori dei dottori di famiglia: alla base della piramide mancano i rinforzi. E in Friuli Venezia Giulia c’è anche un numero: in tutta la nostra regione servirebbero immediatamente dai 150 ai 200 infermieri. Ma sono forze fresche che non ci sono più. 


I DETTAGLI


La settimana scorsa i vertici regionali di Federfarma si sono riuniti. Sul tavolo dell’incontro informale c’erano i dati di una nuova emergenza. Decine di farmacie in Friuli Venezia Giulia rischiano di rimanere senza personale o di dover ridurre la propria capacità di erogare servizi alla popolazione. Tutto questo perché si è inceppato il meccanismo della domanda e dell’offerta di giovani laureati. O meglio, il flusso è più o meno costante nel corso del tempo, ma ad essere aumentata è la necessità di forza lavoro. 
Prima, però, si deve partire dai numeri, spiegati ed elencati dal responsabile pordenonese di Federfarma, Francesco Innocente. «La stima risale proprio alla settimana scorsa - illustra il presidente dell’associazione di categoria professionale - e ci dice che in tutto il Friuli Venezia Giulia mancano attualmente tra i 150 e i 200 farmacisti. La stima - specifica Innocente - è stata messa nero su bianco sulla base delle necessità emerse internamente al nostro comparto». Le farmacie, in poche parole, hanno immediatamente bisogno di 150-200 laureati. Ma non riescono più a trovarli. 


L’ANALISI


«L’emergenza è reale su tutto il territorio del Friuli Venezia Giulia - spiega ancora il responsabile di Federfarma della provincia di Pordenone -. Calcoliamo che almeno cento farmacisti potrebbero essere assunti domani mattina con un contratto immediato a tempo indeterminato». Quindi stabilizzati subito, con una retribuzione mensile di 1.600 euro, più tredicesima, quattordicesima, ferie e malattia. Ma in realtà il sistema è entrato in crisi esattamente com’è successo per il comparto della sanità propriamente inteso, quindi quello relativo agli ospedali e alla medicina del territorio. 
Anche nel caso dei farmacisti, si apprende, la crisi se non è proprio iniziata lì, almeno si è acuita con la pandemia. Due anni e oltre di lotta contro il Covid hanno cambiato e per certi versi ampliato le competenze di ogni singola farmacia. Ci sono i vaccini, lo screening, i tamponi: ogni punto vendita oggi fa molte più cose rispetto a quanto avveniva in passato. E per una mole di lavoro aumentata, servono anche più specialisti all’opera. Sono esattamente i profili che non si trovano, anche perché prima le farmacie si arrangiavano con magazzinieri e altre figure, mentre per le mansioni richieste al giorno d’oggi servono proprio farmacisti. Quindi giovani laureati. 
Il sistema, quindi, sta dimostrando di non reggere il passo della domanda. Le università non sono vuote, ma fanno fatica a rispondere alle richieste del mercato. 


LA PROSPETTIVA


«Negli ultimi due-tre anni - spiega sempre Francesco Innocente di Federfarma - siamo stati costretti ad aumentare di molto le nostre mansioni. Abbiamo semplicemente più lavoro da svolgere e per questo motivo abbiamo bisogno di più persone. La crisi del personale che stiamo vedendo in quest’ultimo periodo è figlia a nostro parere della carenza di programmazione». E in questo caso Innocente non sta parlando di un livello regionale, ma di un problema che è lo stesso in tutti i territori, quindi a livello nazionale. «E il rischio - è l’allarme lanciato dal rappresentante di categoria - è quello che le farmacie si trovino senza la possibilità di svolgere il lavoro in più, molto spesso anche di natura burocratica. E questo può accadere non solamente nei piccoli paesi, ma anche nei centri dei nostri capoluoghi».

 

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Il Gazzettino