Treviso, famiglie in fuga dalla città. Ci sono seimila abitazioni sfitte

Treviso, famiglie in fuga dalla città
TREVISO - In città ci sono più abitazioni che nuclei familiari. Lo dicono i dati del Pat incrociati con quelli dell'Istat e del Dup. Il quadro è...

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TREVISO - In città ci sono più abitazioni che nuclei familiari. Lo dicono i dati del Pat incrociati con quelli dell'Istat e del Dup. Il quadro è molto chiaro: al 2019, ultimo dato disponibile, nel capoluogo c'erano 39.759 famiglie e 45.545 abitazioni di cui oltre seimila, per la precisione 6.948 secondo i dati Istat, vuote. Luigi Calesso, Coalizione Civica, allarga il campo di analisi e osserva: «Siamo partiti da una situazione, durata almeno dal 1961 al 1981, in cui il numero dei nuclei familiari era superiore a quello delle abitazioni. Ed erano famiglie con numerosi componenti. Siamo poi arrivati nella fase attuale in cui il numero delle abitazioni supera quello delle famiglie, sempre più spesso monoparentali». E mentre la città si svuota, crescono i comuni limitrofi: a Treviso si registra il 15,26% di alloggi vuoti rispetto al totale, a Ponzano invece il 10,54%, (628 su 5.960), a Casier il 10,87% (572 su 4.961), a Preganziol 12,62% (1.041 su 8.247), a Casale sul Sile 13,20% (801 su 6.069), a Istrana 14,01% (567 su 4.048), a Carbonera 14,22% (781 su5.492), a Paese 14,73 (1.454 su 9.869). «Questi comuni sono più attrattivi», commenta Calesso.

I numeri

I Dati poi esemplificano le proporzioni tra numero di famiglie e quello delle abitazioni in città nel corso degli anni: nel 1961 a Treviso c'erano 20.062 famiglie e 19.352 abitazioni; nel 1971 i numeri erano 27.278 famiglie e 26.901 abitazioni. Nel 1981 le due curve erano praticamente pari: 30.943 famiglie e 30.618 abitazioni. Dal 1991 il sorpasso: 33.244 abitazioni e 31.247 famiglie. «La ovvia conseguenza di questo trend - continua Calesso - è l'incremento del numero delle abitazioni inutilizzate che sono aumentate dalle 711 del 1961 alle 3.252 del 2011 fino alle 6.948 del 2019». Adesso il l vero problema è come attirare nuova residenza sfruttando questo patrimonio immobiliare.

Le proposte

Sul tema il dibattito è aperto e ogni parte ha la sua ricetta. Per Giorgio De Nardi, candidato civico sostenuto dal centrosinistra, le soluzioni sono molteplici. Ed elenca: «Modulare le aliquote Imu per favorire la messa a disposizione degli appartamenti sfitti. Attivare il Fondo di Garanzia per gli affitti, che con il meccanismo progressivo della rotazione costituisca la garanzia per i proprietari locatori. Promuovere percorsi di auto-recupero del patrimonio edilizio supportando la nascita di cooperative di abitazione e agevolando l'accesso ai finanziamenti regionali e statali. Vincolare le nuove costruzioni residenziali ad una percentuale di alloggi a prezzi accessibili alle famiglie meno abbienti. Avviare un piano pluriennale di ristrutturazione del patrimonio immobiliare di proprietà del Comune, che, tenuto conto delle disponibilità annuali di finanziamento, progressivamente sia reso tutto abitabile. Rivedere, in collaborazione con Ater, il Piano per l'Edilizia Popolare, per incrementare il flusso degli immobili da immettere nel mercato immobiliare. Efficientare l'iter autorizzativo comunale per le ristrutturazioni/costruzioni, per evitare ritardi che si rivelano spesso costosi ed estenuanti». Il sindaco Mario Conte invece, nei giorni scorsi, ha elencato le cose fatte: «In questi anni abbiamo aumentato gli oneri per chi costruisce sfruttando diritti acquisti e consumando territorio e li abbiamo diminuiti per chi invece ristruttura. In via Albona abbiamo acquistato 40 appartamenti da destinare alle giovani coppie. Per favorire l'alloggio degli studenti universitari sono in programmazione tre studentati. In questi anni abbiamo poi ristrutturato un centinaio di appartamenti popolari. Tutto quello che possiamo fare, lo facciamo».

 

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Il Gazzettino