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VENEZIA - Il suo spirito di toscanaccio di Livorno, cresciuto con il mito della rivoluzione, non lo ha mai abbandonato. Lo aveva portato a Venezia, città da cui si era fatto presto adottare, nella sua carriera di psichiatra militante, che per oltre vent'anni lo ha visto primario al Civile e direttore del centro di salute mentale di palazzo Boldù a Venezia. E non lo ha lasciato fino alla fine, affrontata con lo spirito di sempre. É morto lunedì, all'età di 73 anni, Fabrizio Ramacciotti. Era malato dalla fine dell'anno scorso. Dopo l'ultimo ricovero, da qualche giorno era rientrato nella sua casa di San Polo, dove è spirato circondato dall'affetto dei suoi familiari.
LA CARRIERA
Un figlio del 68, che alla psichiatria era arrivato un po' per caso, dopo una gioventù trascorsa con Autonomia operaia.
LE ULTIME BATTAGLIE
La sua carriera all'intero dell'Ulss era stata rapida. Per anni è stato un punto di riferimento fisso, molto attivo anche a livello sindacale con la Cgil. Dalla battuta sempre pronta, amava raccontare le tante storie in cui si era imbattuto della sua vita professionale. Storie pazze di pazienti di cui capiva era un po' innamorato. Negli anni della pensione, dal 2014 in poi, non aveva smesso il suo impegno sui temi della salute mentale, denunciando una politica accusata di smantellare conquiste faticosamente raggiunte.
L'ULTIMO SALUTO
Lascia la moglie Laura, le figlie Martina e Giulia, con il compagno Antonio e gli adorati nipotini. L'ultimo saluto a Fabrizio Ramacciotti si terrà sabato, alle 12, nella sala del commiato del cimitero di San Michele in isola.
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